Ci sono giocatori iconici che rimangono stampati nella memoria. Quelli che non si dimenticano per caratteristiche tecniche o semplicemente umane. Oppure per l’empatia che naturalmente suscitano, per il modo trasversale di accomunare i tifosi. E poi c’è Pablo, che ingloba tutte queste sostanze. Che già quando arrivò a Novara, si capì al volo che sotto il giocatore c’era ben di più.
Argentino, il Cartero, attraversa ormai più di un decennio di calcio novarese incrociando la sua storia con la nostra, destinato a lasciare traccia indelebile nei ricordi di chi ama il calcio romantico.
Ecco perchè vedere Pablo dopo il gol contro il Sestri al centro del consueto mucchio selvaggio, dirigersi poi verso la sua metà campo passando davanti la nostra panchina, e a pugni chiusi con il volto dipinto di grinta rabbiosa di chi vuole scaricare ansia fatica e tormento, urlare a squarciagola “vamoooooos !!!”, è valso il prezzo del biglietto, anzi, dell’abbonamento. Dentro quel gesto c’è tutto l’amore e il cuore di un novarese, si, di uno di noi che di questa nostra storia, anche di quella lordata ultimamente dagli infami e immondi, ne vuole far parte fino in fondo.
Pablo è Pablo e a nulla vale il mezzo punto in più o in meno in pagella, non si discute nemmeno quando sbaglia, neppure quando tenta la “gonzala” e invece della porta avversaria centra quella dell’ingresso del Provini. Pablo non si critica neanche quando porta in giro quella barba che lo colloca a metà strada tra Padre Pio e un pasdaran. Pablo si ama, si ama e bom!
Perchè è uno dei pochi calciatori che ho conosciuto a riuscire nell’intento di dimostrare di non essere stato “solo” un dipendente del Novara Calcio prima e dell’ FC ora, ma un tifoso che ha avuto la fortuna di vedere e contemporaneamente giocare la partita sul palcoscenico verde.
Una volta chiarita la differenza che esiste tra tifoso e spettatore e stabilito che quest’ ultimo non ha ferite aperte ogni qualvolta ricorda partite perse all’ultimo respiro o retrocessioni clamorose, si conclude con sicurezza certificata dal cuore che Pablo non parteggia come un qualsiasi Maniero o il grottesco Parravicini, tanto per citarne un paio, lui tifa, lui è tifoso come lo siamo noi, e il suo umore, come il nostro, dipende dal risultato agonistico.
Tra il tifoso e la squadra si crea un profondo legame di identificazione, e Pablo all’ interno della squadra, dello spogliatoio e della città, si identifica nelle caratteristiche tipiche di un Nuarés: schivo, spesso con un’ aria malinconica e una cifra importante di umiltà.
E se le parole sono un mezzo con cui cerchiamo di rappresentare la realtà, per Pablo non servono parole in quanto lui è la realtà che il tempo, come una lente di ingrandimento, ha reso ancora più nitida.
Molti amici mi hanno spesso consigliato di non affezionarmi ai giocatori: essi arrivano e se ne vanno come i temporali in montagna, si, vero, forse hanno ragione, ma io non ci riesco proprio, e qualcuno è rimasto dentro me per sempre. Il posto per Pablo è già prenotato da tempo.
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