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Pensieri e parole

La nuova morosa.

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Dopo aver subìto il gol dalla squadra i cui colori non sono conosciuti nemmeno a Genova, e che avrebbe determinato la prima sconfitta tra le mura amiche, con la disinvolta rassegnazione tipica di chi è consapevole della forza e dei limiti della sua squadra, mi son trovato a osservare gli spazi desolatamente vuoti disegnati sugli spalti del Piola.

Rassegnazione piacevole che ha resistito fino a quando, il giorno successivo, a compensare il mio stato d’animo ormai ristabilito e offrire risposte a domande che ancora non mi ero posto, mi sono venute in soccorso una manciata di fotografie che raccontavano di una curva carica di presenze e entusiasmo, che oggi sembra essersi scrollata di dosso tutta quella gente così come il cane si scrolla l’ acqua dal pelo.

Quali possono essere le ragioni di una trasfigurazione così radicale che, partendo dalla ricchezza di allora, arriva a certificare l’esiguità dei giorni nostri, dopo essere transitati nei paraggi del calcio che conta, sarebbe materia da affrontare in termini sociologici.

La sensazione prevalente, maturata in coda a questo stato d’animo, mi ha portato alla conclusione che quanto servisse ai tempi dell’abbondanza per farci divertire, ora serva desolatamente a mantenerci in vita, anche se per la serie D i numeri sono più che onorevoli.

Certo, dopo avere vissuto la lenta eutanasia della gestione dei Balordi e osservato la loro faccia sporca quanto la loro anima, sarebbe stato impossibile sperare qualcosa di meglio rispetto all’ attuale società: per carità, che Dio la mantenga! ma quei seggiolini rimasti per troppo tempo senza un culo che li accarezzasse, testimoniano che solo rigenerando e sanificando l’ambiente con una cura a base di fiducia e di serietà, quei seggiolini ora vuoti ritroveranno due chiappe ad occuparli.  

Tuttavia i guitti responsabili di questa congiuntura, non sono i soli a cui andrebbe notificata l’iscrizione al registro degli indagati quale atto dovuto, in attesa che la storia concluda le indagini rinviando a giudizio i colpevoli, varrebbe la pena allargare il compasso delle responsabilitа, tracciando una circonferenza che comprenda inevitabilmente il tifoso, quello medio però, in quanto lo zoccolo duro non mollerà mai, sia ben chiaro.

Il tifoso medio novarese si è da tempo progressivamente imborghesito: mai veramente innamorato, infatuato si, pronto però a sganciarsi per tornare da dove era arrivato non appena il motivo per cui si era invaghito, ha iniziato a vacillare minandone le certezze. Ora sarebbe il momento giusto per (ri)innamorarsi di questa squadra e di questa società, senza discutere di simboli, loghi, titoli sportivi, altrui fallimenti o quant’altro. Del resto quando si trova una nuova morosa, mica si pretende che questa possegga, nè tantomeno portasse in dote, le caratteristiche della precedente. Ci si innamora e bom! 

Sarebbe però riduttivo misurare l’ amore per una squadra e la sua maglia, valutandone solo l’ intensità: equilibrio, passione, attaccamento, armonia, sono elementi altrettanto importanti, e tifare Novara, oggettivamente, non è mai stato facile, ora come non lo era allora. Ma noi che abbiamo in testa il grigio predominante e qualche canyon sulla fronte scavato dal tempo, con la nostra Squadra siamo cresciuti: era vera, allegra, era il nostro patrimonio su cui si era investita la parte più emozionale di noi stessi. Ci siamo ritrovati adulti, cambiati dentro e fuori, e lei aveva sempre il sorriso contagioso di chi, pur soffrendo, era dannatamente bella vesita dei suoi sbagli, e per noi lo è tuttora dopo essersi cambiata l’abito e aver atteso un principe “azzurro” che la risvegliasse dal sonno in cui era caduta dopo aver morsicato la mela avvelenata, offertale dai soliti loschi e zozzi individui.

Insomma, noi ci sentiamo un po’ come la resina degli alberi che è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall’albero ferito, gocce dorate gialle come il miele che non scappano via, non fuggono come l’acqua, non abbandonano l’albero come i parassiti. Rimangono incollate al tronco per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere e a crescere ancora.

Proprio come il nostro amore per questa maglia azzurra, rigenerata e liberata come un Venticinque Aprile da coloro che l’hanno vigliaccamente oppressa e occupata.

Forsa Nuara tüta la vita

Nonnopipo

Novara perchè è la mia città, il Novara calcio perchè è la squadra della mia città, il dialetto perchè se il futuro è una porta il passato è la chiave per aprirla. Forsa Nuara tüta la vita.

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Forza Mister

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Un fortissimo abbraccio a Roberto Cevoli con auguri di pronta guarigione. Nella storia del Novara Roberto non entrerà per i risultati ma sulla sua onestà e dedizione non si può eccepire nulla. Pacato e mai sopra le righe si è trovato a dover gestire una situazione difficile suo malgrado e come spesso accade nel calcio si sono riversate su di lui tutte le colpe. Probabilmente ha commesso qualche errore ma non era certo il colpevole assoluto. Persona piacevole con cui interloquire e discutere senza dover alzare mai i toni.

Un grandissimo in bocca al lupo dai tifosi azzurri per poter tornare ad una vita serena in cui tu possa sederti su una panchina probabilmente da avversario ma con tutto il nostro rispetto.
Siviersson

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La Partita

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Pavanati e De Salvo sono falliti. Non riesco ancora a prenderla come una buona notizia, anzi rabbia e indignazione sono ancora predominanti per una vicenda truffaldina che ci ha privato della storia del nostro Novara Calcio 1908.

Ora per lo meno la strada è tracciata: Pavanati e De Salvo sono falliti, dovranno probabilmente rispondere di bancarotta fraudolenta e sinceramente spero che la giustizia una volta tanto, vada fino in fondo facendogli pagare fino all’ultimo centesimo.

L’iter fallimentare prevede che tutti i beni materiali della società (Coppe, Trofei, Maglie Storiche e tutti i cimeli del Novara Calcio 1908) dovranno essere messi all’asta per risarcire i creditori.

E questo è il primo punto: bisogna evitare che un privato o un collezionista se ne impossessi. Le associazioni ed i club vicini al Novara Calcio, penso al Coordinamento e ai Fedelissimi ma anche al Panathlon Club Novara attuale con Presidente Carlo Accornero oppure lo stesso Comune di Novara devono recuperare tutto questo patrimonio e restituirlo alla città. Passeranno parecchi mesi prima dell’asta fallimentare ma sarebbe utile cominciare a pensarci ed organizzarci.

Il secondo punto è la restituzione del titolo sportivo alla società che in questo momento rappresenta il calcio a Novara. Può sembrare un banale capriccio sentimentale ma in realtà è l’unico modo per restituire la Storia del Novara Calcio ai suoi tifosi. Insisto e ripeto l’esempio più banale: festeggiare il record di gol realizzati da Gonzalez è un’ipocrisia che tale rimarrà finché il titolo sportivo del Novara Calcio 1908 non verrà assegnato al FC Novara.

L’art. 52, 2° comma, delle N.O.I.F. è chiaro  “il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del presidente della F.I.G.C.” ma perché questo avvenga qualcuno con le carte in regola deve richiederlo e l’unico ad averle è il FC Novara.

Non ho mai sentito Ferranti esporsi su questo argomento forse perché attendeva la sentenza di fallimento definitiva. Adesso è arrivato il momento di far sapere le sue intenzioni. Questa sarà la sua partita più importante, l’unica veramente da vincere e così finalmente capiremo se sta diventando un “nuares” o viceversa se al di la di tante parole il FC Novara è soltanto un bel passatempo.

Vinci per noi Massimo Ferranti!

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Stranamore

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La parola “amore” può essere riferita talmente a tante cose e situazioni, che è impossibile definirne in modo compiuto un significato generale, ed è possibile spiegarla solo osservandone i vari aspetti che la caratterizzano nelle situazioni specifiche a cui la si può associare.

E queste situazioni non sempre sono determinate dai classici rapporti umani nei quali si stabiliscono relazioni che convenzionalmente definiamo amorose. A volte sono passioni di diverso genere, verso cose, attivitá spesso di lavoro, insomma ogni cosa che fa riferimento a tutto lo scibile possibile e immaginabile.

Eppure in molti casi si determina un rapporto amoroso che risulta più intenso e duraturo di quello che si può stabilire in una relazione di coppia.

Esiste, per esempio, un amore che spesso nasce nel periodo in cui si accendono quei rapporti che dureranno tutta la vita, ovvero l’infanzia, dove sará pressocché impossibile successivamente abbandonarlo e che ti seguirá fedelmente per tutta la vita: l’amore per il calcio.

Questo sentimento nasce, appunto, solitamente da piccoli, quando è più facile dare fuoco alle fantasie create dalla purezza d’ animo che accompagna, mano nella mano, i sogni che più avanti si trasformeranno in speranze: scatta la scintilla e si viene assaliti da una irresistibile voglia di emulare le gesta e le imprese dei giocatori della tua squadra del cuore e di provare a diventare come loro; ed è così, proprio con queste motivazioni e queste aspettative che si inizia a giocare a calcio, magari in una squadretta di periferia, non prima di aver calcato ogni tipo di terreno improvvisato.

Ma inevitabilmente quando si cresce, questa sensazione diventa ancor più forte, fino ad assumere i tratti della dipendenza, come una droga, davanti alla quale assume i tratti di un’impresa titanica dovervi rinunciare.

Ma se risulta sacrosanto fuggire dalle droghe che creano dipendenza e provocano danni inimmaginabili, dalla dipendenza dal calcio, sarebbe buona cosa non fuggire, anzi, favorire l’introduzione di un ragazzo a questa disciplina di carattere sportivo significherebbe offrire a lui una importante opportunitá di crescita.

Più importante peró sarebbe che i genitori non pretendessero di avere dopo pochi mesi, un piccolo futuro campione in casa, somigliando a quei tifosi che si convincono di avere nella rosa della propria squadra campioni da cui pretendere sempre prestazioni di alto livello.

Da questa esperienza si possono imparare tante cose come l’importanza del gioco di squadra e la imprescindibilità del reciproco sostegno nonché aiuto, e che da questa universale disciplina, a patto che si rispettino i criteri fondamentali di rispetto e lealtà nei confronti dell’avversario, si possono provare tutte quelle gioie che tutti conosciamo avendole almeno una volta provate, come vincere un torneo o una coppa, magari segnare un gol decisivo e subito trovarsi a celebrare, attraverso un abbraccio collettivo, uno di quei momenti che per sempre resteranno impressi.

Quanto sopra rappresenta il top delle emozioni, ma esistono altresi anche quelle piccole soddisfazioni quotidiane come i miglioramenti e progressi tangibili che in allenamento si possono percepire come conquiste di cui essere orgogliosi che segnalano inequivocabilmente la qualità del lavoro svolto con passione.

Bisogna però mantenere un certo equilibrio e non temere di esibire un buon livello di onestà intellettuale nel parlare di queste cose, quindi si deve sottolineare che, come dice il proverbio, non sono tutte rose e fiori, e chiarire subito che dal calcio le emozioni che si possono provare non sono solo quelle positive, anzi sono statisticamente più frequenti quelle negative, basti pensare alla recente e bruciante eliminazione dai mondiali della nostra Nazionale come esempio macroscopico.

Comunque, nonostante questi alti e bassi, il calcio entra nella vita e nell’essere di chi lo pratica, così profondamente al punto che risulta essere poi molto difficile, se non addirittura quasi impossibile, sostituire con altra materia sportiva, o dimenticare, forse anche da accantonare temporaneamente.

Non credo di sbagliare nell’affermare che per molti il calcio viene considerato più che uno sport, più che uno sfogo psicofisico, addirittura come una seconda vita.

Mi è capitato di dover difendere la mia personalissima posizione dall’attacco di chi giudica sciocco e infantile innamorarsi di uno sport il cui scopo sia quello di correre appresso una palla, e come sia possibile spendere così tanti soldi e tempo per seguire allo stadio la propria squadra, addirittura accompagnandola in trasferta.

È propabile che sia superfluo tentare una risposta, quasi certo che qualunque sia la controteoria esposta, sarà pressocché impossibile fare breccia nel qualunquismo dal quale nascono queste affermazioni.

Mai potrà capire e fare propria la gioia che si prova quando la tua squadra vince, o più ancora quando ciò avviene grazie a un gol spettacolare o anche attraverso il classico gollonzo, chi ti formula queste accuse lui si, probabilmente, è uno di quelli che è nato e vive in perenne fuorigioco!!

Per non parlare poi dell’adrenalina e della tensione tributate all’attesa di una partita importante della tua squadra, anche se tutte le partite sono importanti!

Penso che gli amanti del calcio dentro di sè, posseggano e custodiscano qualcosa di perverso o di sadico e magari di autolesionistico, in quanto il meno che ti possa capitare è una sorta di malessere fisico e comportamentale, senza voler citare quella stranissima e spiacevole sensazione intestinale di budella contorte prima di ogni appuntamento con i tuoi sacri colori.

In definitiva il calcio è si solo correre dietro a una palla, e per questo è un amore ben strano; ma in fianco a quella palla molto spesso corre anche la vita.

E se a quella palla tu riuscissi mai a dare il calcio giusto, quello che fa la differenza rispetto a quanti calci ne prendi in culo sovente dalla vita, vedrai quella palla infilarsi nella porta per accompagnarti a braccetto con lei alla vittoria.

Il Novara rappresenta tutto questo e tanto altro.

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