È successo che il ragazzino un po’ discolo, sicuramente sprovveduto, ha preso in mano la pistola del papà e si è messo a giocare.
Dunque, scimmiottando i grandi che sanno sparare veramente, bang, bang, bang, colpito, bang, bang, colpito un altro. L’immaginazione dei bambini, si sà, è immensa, non si ferma davanti a nulla.
Ma poi, seppur finto, un colpo tira l’altro, e quello che sembrava divertente diventa velocemente abitudine, e allora bisogna assolutamente adeguarsi, cioè scalare verso l’alto il livello di attendibilità, spingendosi fino a sfiorare la realtà.
E allora il ragazzino si mette di buzzo buono a cercare i colpi, quelli veri però, quelli che consentono alla realtà di materializzarsi, e a lui di diventare protagonista attivo. Li trova i colpi, dentro un cassetto, e quindi carica l’arma.
Rimane affascinato dal potere che quell’arma carica gli conferisce e all’ improvviso matura la sensazione di essere come i grandi, neanche di assomigliare a loro, ma essere identico a loro. In un momento scavalca il tempo e percorre d’un fiato tutti gli anni che lo separano dall’età adulta, fino a decidere da quale parte stare: far parte dei buoni o scegliere di stare con i cattivi?
Basta giochi di fantasia, basta immaginare scenari dove al massimo puoi navigare sul mare dei sogni; la realtà; ha deciso che lui vuole essere quello che decide il futuro e il destino, suo e degli altri.
Perché un vero “guerriero” la pistola mica ce l’ha scarica eh!
Ma un’ arma va usata con delicatezza, serve osservarla attentamente, bisogna innanzitutto conoscerla in ogni sua componente, capire come funziona, essere sospettosi e diffidenti, in ossequio al principio di non dare confidenza alle persone o cose che non conosci.
Capire che la “canna” non è quella che potrebbe farsi tra una decina d’anni, e il “cane” non potrebbe mai essere l’animale che fa la guardia alla proprietà, mentre il “castello” non ha il ponte levatoio e la “slitta” non va sulla neve.
E lui si sente forte con l’arma del papà e soprattutto le ricche munizioni tra le mani, per giunta caricata con proiettili veri, gli par d’essere “Michelangelo” con i pennelli in mano davanti alla volta intonsa della cappella sistina.
La guarda prima con curiosità rigirandola tra le mani, poi ,dipingendosi il volto con una espressione di saccente superiorità culminante in un sorriso arrogante come solo lui sa fare, che non è disegnato dalle sole labbra ma soprattutto dagli occhi, accarezza con lo sguardo le forme fredde e lineari alla ricerca di un particolare che ne certifichi la potenza, assumendo, negli atteggiamenti, una tracotante e spavalda sicurezza. Non ascolta i consigli che gli giungono dal profondo della sua coscienza e da quella altrui, ormai egli è tronfio della posizione dominante acquisita. Si sente padrone di quell’arma e con essa di tutto ciò che può immaginare.
È così che la sua attenzione viene attratta da quella virgola posta sotto la canna in fianco all’impugnatura, praticamente a portata di dito … uncina l’indice imprimendovi la forza necessaria e il primo colpo parte.
Il danno è fatto, il proiettile vaga fino a raggiungere il bersaglio che è il cuore di noi tifosi, i quali colpiti a morte, ci ritroviamo prima rantolanti in Lega Pro, poi, accompagnati da gente cresciuta male come lui, a rischiare l’estinzione.
Ma “rantolanti” non equivale a essere “morti”, in quanto non vorremmo mai somigliare a quel povero Cristo che accumulava pazienza come fosse polvere da sparo: nessuno se ne accorse, fino al giorno dell’esplosione.
Non posso né sapere né immaginare se seguiranno altri colpi e altri danni, certa gente è pericolosa e stronza a prescindere, penso però che prima o poi torneremo alla vita piena, e che tutto potrebbe andare bene, basta volerlo, non al 20 ma al 100%.
Nonnopipo
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