Pensieri e parole
After the party it’s me and you
Published
2 anni faon
By
Jacopo
Ci sono momenti nello sport come nella vita in cui succedono eventi straordinari e imprevisti, dai quali si può scegliere se trarre le cose migliori o quelle peggiori. Ecco, noi come tifosi, dall’esperienza del giro di giostra vissuto durante la parabola ascendente della gestione De Salvo, abbiamo certamente portato a casa il peggio.
In questi giorni il ‘trend topic’ principale è ovviamente il tema della cessione societaria, senza la quale è del tutto inutile parlare di quella che potrebbe essere la nostra dimensione sportiva del futuro, perché da questa dipende. Nel frattempo però siamo qui che ci perculiamo da soli per essere in ballottaggio col Catanzaro per l’acquisto di un attaccante che ha fatto molto bene in D e non ci rendiamo conto che il Catanzaro è arrivato secondo nel suo girone scalzando squadre come Bari e Avellino mentre noi abbiamo fatto fatica a salvarci perdendo partite oscene come a Pistoia o a Crema. E che quindi questa è esattamente la nostra dimensione attuale.
E allora da una parte viviamo della luce riflessa di sto cazzo di giro di giostra di una decina d’anni scarsi – di cui poi gli anni davvero gloriosi sono stati le tre promozioni e i due play off – che ha indotto in gran parte della tifoseria l’atteggiamento snob per cui se giochiamo con la Pergolettese ci sentiamo un po’ come quando Luca e Paolo in MTV Trip facevano la scena del razzista. Dall’altra parte, se con la Pergolettese per caso perdiamo, ecco che scatta la sindrome di Calimero per cui siamo vittime di una mandria di bestie incompetenti con la chiara missione di ributtarci nella merda dove peraltro siamo stati per trent’anni senza che quasi nessuno se ne accorgesse, se non i 300 che erano rimasti nella partita col Legnano con la bara in curva.
Noi siamo questi: da una parte siamo contenti di esserci svegliati la mattina e di non essere morti, dall’altra viviamo di ricordi e di un passato che per qualche motivo pensiamo ci sia stato usurpato. E questa nostra indole è stata esasperata quest’anno, dove ai due estremi di cui sopra si è aggiunta la tendenza per cui se la barca sta andando alla deriva ci si sputa tutti sopra, facendo la gara a chi è più duro e puro perché a sto punto muoia pure Sansone con tutti i filistei.
In tutto questo serve ovviamente il simbolo confortante di chi invece ancora eroicamente tiene alta la nostra bandiera gloriosa (perché quando si parla della propria squadra bisogna sempre usare l’aggettivo ‘glorioso’ che riempie la bocca e fa sentire fighi) e lo abbiamo trovato nei giocatori e in particolare nei tre senatori. Dei quali uno fatica ormai a deambulare sportivamente parlando, uno è stato messo fuori rosa e sostanzialmente non ce ne siamo accorti, e uno è ancora un buon giocatore per la categoria quando ha costantemente 5 metri quadrati di spazio intorno. Il tutto con, fatte salve le ultime spettanze in scadenza a breve, tutti gli stipendi (alcunei particolarmente lauti per la categoria) pagati. Mi chiedo quindi a San Benedetto, dove non prendono lo stipendio da novembre e si sono recentemente auto decurtati alcune delle mensilità arretrate (e sono arrivati al primo turno dei play off) quante statue in piazza dovrebbero fare ai propri eroi.
Forse da quel giro di giostra abbiamo davvero perso quel poco di razionalità che caratterizza un tifoso medio, e si è visto nel modo in cui abbiamo affrontato un anno che è stato sicuramente difficile (comunque non più di quanto sia capitato ad esempio ad una Carrarese a caso risultati alla mano), ma che per fortuna si è chiuso con un sospirone di sollievo per uno scampato pericolo. E invece paradossalmente, la sensazione è che neanche questo sospiro siamo riusciti a fare perchè eravamo tutti troppo impegnati nella nostra personale guerra contro qualcuno o qualcosa. La realtà è che abbiamo perso l’abitudine a pensare passo per passo, a riabituarci all’idea che, tra una cordata taumaturgica fatta con l’inchiostro simpatico e l’altra, si può stare vicino al proprio amore sportivo senza per forza passare dall’esaltazione più totale agli estremi più distruttivi.
Perché non c’è niente di peggio del non accorgersi, una volta finito il giro di giostra, che è tempo di scendere. E, come cantano i miei amati Menzingers, ‘After the party, it’s me and you’.
Jacopo
Scelti per te

Un fortissimo abbraccio a Roberto Cevoli con auguri di pronta guarigione. Nella storia del Novara Roberto non entrerà per i risultati ma sulla sua onestà e dedizione non si può eccepire nulla. Pacato e mai sopra le righe si è trovato a dover gestire una situazione difficile suo malgrado e come spesso accade nel calcio si sono riversate su di lui tutte le colpe. Probabilmente ha commesso qualche errore ma non era certo il colpevole assoluto. Persona piacevole con cui interloquire e discutere senza dover alzare mai i toni.
Un grandissimo in bocca al lupo dai tifosi azzurri per poter tornare ad una vita serena in cui tu possa sederti su una panchina probabilmente da avversario ma con tutto il nostro rispetto.
Siviersson

Pavanati e De Salvo sono falliti. Non riesco ancora a prenderla come una buona notizia, anzi rabbia e indignazione sono ancora predominanti per una vicenda truffaldina che ci ha privato della storia del nostro Novara Calcio 1908.
Ora per lo meno la strada è tracciata: Pavanati e De Salvo sono falliti, dovranno probabilmente rispondere di bancarotta fraudolenta e sinceramente spero che la giustizia una volta tanto, vada fino in fondo facendogli pagare fino all’ultimo centesimo.
L’iter fallimentare prevede che tutti i beni materiali della società (Coppe, Trofei, Maglie Storiche e tutti i cimeli del Novara Calcio 1908) dovranno essere messi all’asta per risarcire i creditori.
E questo è il primo punto: bisogna evitare che un privato o un collezionista se ne impossessi. Le associazioni ed i club vicini al Novara Calcio, penso al Coordinamento e ai Fedelissimi ma anche al Panathlon Club Novara attuale con Presidente Carlo Accornero oppure lo stesso Comune di Novara devono recuperare tutto questo patrimonio e restituirlo alla città. Passeranno parecchi mesi prima dell’asta fallimentare ma sarebbe utile cominciare a pensarci ed organizzarci.
Il secondo punto è la restituzione del titolo sportivo alla società che in questo momento rappresenta il calcio a Novara. Può sembrare un banale capriccio sentimentale ma in realtà è l’unico modo per restituire la Storia del Novara Calcio ai suoi tifosi. Insisto e ripeto l’esempio più banale: festeggiare il record di gol realizzati da Gonzalez è un’ipocrisia che tale rimarrà finché il titolo sportivo del Novara Calcio 1908 non verrà assegnato al FC Novara.
L’art. 52, 2° comma, delle N.O.I.F. è chiaro “il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del presidente della F.I.G.C.” ma perché questo avvenga qualcuno con le carte in regola deve richiederlo e l’unico ad averle è il FC Novara.
Non ho mai sentito Ferranti esporsi su questo argomento forse perché attendeva la sentenza di fallimento definitiva. Adesso è arrivato il momento di far sapere le sue intenzioni. Questa sarà la sua partita più importante, l’unica veramente da vincere e così finalmente capiremo se sta diventando un “nuares” o viceversa se al di la di tante parole il FC Novara è soltanto un bel passatempo.
Vinci per noi Massimo Ferranti!

La parola “amore” può essere riferita talmente a tante cose e situazioni, che è impossibile definirne in modo compiuto un significato generale, ed è possibile spiegarla solo osservandone i vari aspetti che la caratterizzano nelle situazioni specifiche a cui la si può associare.
E queste situazioni non sempre sono determinate dai classici rapporti umani nei quali si stabiliscono relazioni che convenzionalmente definiamo amorose. A volte sono passioni di diverso genere, verso cose, attivitá spesso di lavoro, insomma ogni cosa che fa riferimento a tutto lo scibile possibile e immaginabile.
Eppure in molti casi si determina un rapporto amoroso che risulta più intenso e duraturo di quello che si può stabilire in una relazione di coppia.
Esiste, per esempio, un amore che spesso nasce nel periodo in cui si accendono quei rapporti che dureranno tutta la vita, ovvero l’infanzia, dove sará pressocché impossibile successivamente abbandonarlo e che ti seguirá fedelmente per tutta la vita: l’amore per il calcio.
Questo sentimento nasce, appunto, solitamente da piccoli, quando è più facile dare fuoco alle fantasie create dalla purezza d’ animo che accompagna, mano nella mano, i sogni che più avanti si trasformeranno in speranze: scatta la scintilla e si viene assaliti da una irresistibile voglia di emulare le gesta e le imprese dei giocatori della tua squadra del cuore e di provare a diventare come loro; ed è così, proprio con queste motivazioni e queste aspettative che si inizia a giocare a calcio, magari in una squadretta di periferia, non prima di aver calcato ogni tipo di terreno improvvisato.
Ma inevitabilmente quando si cresce, questa sensazione diventa ancor più forte, fino ad assumere i tratti della dipendenza, come una droga, davanti alla quale assume i tratti di un’impresa titanica dovervi rinunciare.
Ma se risulta sacrosanto fuggire dalle droghe che creano dipendenza e provocano danni inimmaginabili, dalla dipendenza dal calcio, sarebbe buona cosa non fuggire, anzi, favorire l’introduzione di un ragazzo a questa disciplina di carattere sportivo significherebbe offrire a lui una importante opportunitá di crescita.
Più importante peró sarebbe che i genitori non pretendessero di avere dopo pochi mesi, un piccolo futuro campione in casa, somigliando a quei tifosi che si convincono di avere nella rosa della propria squadra campioni da cui pretendere sempre prestazioni di alto livello.
Da questa esperienza si possono imparare tante cose come l’importanza del gioco di squadra e la imprescindibilità del reciproco sostegno nonché aiuto, e che da questa universale disciplina, a patto che si rispettino i criteri fondamentali di rispetto e lealtà nei confronti dell’avversario, si possono provare tutte quelle gioie che tutti conosciamo avendole almeno una volta provate, come vincere un torneo o una coppa, magari segnare un gol decisivo e subito trovarsi a celebrare, attraverso un abbraccio collettivo, uno di quei momenti che per sempre resteranno impressi.
Quanto sopra rappresenta il top delle emozioni, ma esistono altresi anche quelle piccole soddisfazioni quotidiane come i miglioramenti e progressi tangibili che in allenamento si possono percepire come conquiste di cui essere orgogliosi che segnalano inequivocabilmente la qualità del lavoro svolto con passione.
Bisogna però mantenere un certo equilibrio e non temere di esibire un buon livello di onestà intellettuale nel parlare di queste cose, quindi si deve sottolineare che, come dice il proverbio, non sono tutte rose e fiori, e chiarire subito che dal calcio le emozioni che si possono provare non sono solo quelle positive, anzi sono statisticamente più frequenti quelle negative, basti pensare alla recente e bruciante eliminazione dai mondiali della nostra Nazionale come esempio macroscopico.
Comunque, nonostante questi alti e bassi, il calcio entra nella vita e nell’essere di chi lo pratica, così profondamente al punto che risulta essere poi molto difficile, se non addirittura quasi impossibile, sostituire con altra materia sportiva, o dimenticare, forse anche da accantonare temporaneamente.
Non credo di sbagliare nell’affermare che per molti il calcio viene considerato più che uno sport, più che uno sfogo psicofisico, addirittura come una seconda vita.
Mi è capitato di dover difendere la mia personalissima posizione dall’attacco di chi giudica sciocco e infantile innamorarsi di uno sport il cui scopo sia quello di correre appresso una palla, e come sia possibile spendere così tanti soldi e tempo per seguire allo stadio la propria squadra, addirittura accompagnandola in trasferta.
È propabile che sia superfluo tentare una risposta, quasi certo che qualunque sia la controteoria esposta, sarà pressocché impossibile fare breccia nel qualunquismo dal quale nascono queste affermazioni.
Mai potrà capire e fare propria la gioia che si prova quando la tua squadra vince, o più ancora quando ciò avviene grazie a un gol spettacolare o anche attraverso il classico gollonzo, chi ti formula queste accuse lui si, probabilmente, è uno di quelli che è nato e vive in perenne fuorigioco!!
Per non parlare poi dell’adrenalina e della tensione tributate all’attesa di una partita importante della tua squadra, anche se tutte le partite sono importanti!
Penso che gli amanti del calcio dentro di sè, posseggano e custodiscano qualcosa di perverso o di sadico e magari di autolesionistico, in quanto il meno che ti possa capitare è una sorta di malessere fisico e comportamentale, senza voler citare quella stranissima e spiacevole sensazione intestinale di budella contorte prima di ogni appuntamento con i tuoi sacri colori.
In definitiva il calcio è si solo correre dietro a una palla, e per questo è un amore ben strano; ma in fianco a quella palla molto spesso corre anche la vita.
E se a quella palla tu riuscissi mai a dare il calcio giusto, quello che fa la differenza rispetto a quanti calci ne prendi in culo sovente dalla vita, vedrai quella palla infilarsi nella porta per accompagnarti a braccetto con lei alla vittoria.
Il Novara rappresenta tutto questo e tanto altro.
Forsa Nuara tüta la vita
Nonnopipo
Cerca nel blog
NSN on Facebook

Telegram
Lo sprint finale

L’equilibrio sopra la follia

Presidente Ferranti, intervista ma non troppo.

la VIDEO-MOVIOLA di Pro Patria-Novara

Lascia un commento