Analisi Tecnica
La tempesta perfetta
Published
2 anni faon
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Jacopo
“Jo non è che ha culo. E’ un culo con intorno un po’ di materia organica a forma umana”
Questo mi è venuto in mente ieri a fine primo tempo. E questo, sia chiaro, non vuole togliere nulla alla romanticità, coraggio, cuore, voglia di lottare anche a fronte di una situazione mentale al limite del paradossale che il mister e la sua squadra avevano messo in campo fino a quel momento e avrebbero poi messo in campo nella ripresa.
Se uno avesse pensato a una storia sul calcio non avrebbe potuto immaginarla così bella. Fino a quel momento avevamo preso un gol dopo 2 minuti che solo una squadra al collasso mentale come noi (e come erano anche loro peraltro per motivi diversi) poteva prendere. Pareggi con la mezza rovesciata più sbilenca del mondo sparata addosso a un difensore, rischi di prendere un paio di gol uguali al primo, quelli pigliano una doppia traversa a portiere battuto nella stessa azione e tu fai gol a fine primo tempo con un contropiede che non prende manco una squadra che è sotto di uno al 95’ e ti segna quello che fino a quel momento obiettivamente stava facendo più cagare.
Ma non è finita. Nel secondo tempo inizi a credere che quella partita che tutti davano già per persa prima di giocarla, perché non si è mai vista una squadra che caccia l’allenatore con 12 punti in 6 partite, forse la puoi addirittura vincere. Pigli un gol al 90’ che in confronto sul primo avevi difeso tipo l’Amburgo nella finale di Coppa Campioni dell’’83. E all’ultimo minuto di recupero ti fa vincere la partita l’uomo che corre come Carl Lewis ma vede la porta meno di Santini quando Civeriati lo allenava sulle punizioni l’anno di Fiorenzuola.
Ma come si può commentare tecnicamente una partita così? Non si può, e infatti non lo farò. Resta solo quella bella sensazione che ti rimane quando purghi una squadra che ti sta sul cazzo, tipo quando abbiamo vinto col Vicenza la prima volta che li abbiamo ribeccati in B dopo la promozione d’ufficio ai nostri danni, o quando abbiamo ritornato a Zappino il suo dito medio dopo la vittoria col Frosinone. Solo che stavolta non c’erano gli avversari. Hai vinto contro te stesso, contro un modo di fare arrogante, irrispettoso, inutilmente vendicativo, quello che gli americani chiamerebbero ‘bully’.
Forse è una vittoria che non servirà a nulla, perché al momento in cui scrivo è ancora molto probabile che Jo non siederà più sulla panchina del Novara domenica. Ma serve a smentire una volta ogni tanto la massima molto saggia del mio amico Michele quando dice che nel calcio vincono sempre i cattivi. A volte vincono anche i buoni, e tipicamente quando succede non serve appunto a un cazzo. Ma pensare a questo ometto che sarà poco di grido, forse tecnicamente non eccelso, ma che resiste come un George Clooney qualunque in mezzo alla tempesta perfetta, fa stare bene, anche più di vedere questa squadra a un punto dalla vetta.
Resiti Jo, anche se non ci piaci sempre, anche se non piaci a tutti. Resisti anche se ti cacceranno, con quel tuo garbo e educazione che ti ha permesso anche ieri nel post partita di essere pacato quando un altro avrebbe solo salutato, fatto il gesto del Cholo dopo la vittoria con la Juve un paio di anni fa e se ne sarebbe andato. Resisti perché questa vicenda è un insegnamento per tutti e che va al di là del calcio: se vai per la tua strada, e sei retto, e sei onesto, potrai non essere il migliore ma sei sempre nel giusto.
Resisti Jo.
Jacopo
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Non posso dire di essere sorpreso dal risultato di ieri. Forse un po’ nelle proporzioni e nella superiorità dimostrata, ma il binomio che pronosticavo tra ‘partita aperta’ e condizione fisica che già a Busto mi pareva eccellente, ha fatto più gap del previsto. O almeno, per quel che si può prevedere in questo campionato che è sempre più un sottile equilibrio sopra la follia. Il resto lo ha fatto una struttura di squadra e di interpreti che finalmente, per la seconda volta in questa stagione dopo il breve interregno Semioli ma senza che a questo giro ci fossero nubi nere incombenti per chi sta in panchina alla prima stecca, sta cominciando a stabilizzarsi una volta recuperata una situazione infortuni vagamente somigliante a una rosa di C e non a un day hospital. Ed è la riprova, a prescindere dal fatto che uno sia fan di un modulo di gioco o di un allenatore (e io non lo sono né del 3-5-2 né di Marchionni), che quando si sceglie una strada a livello tecnico va perseguita senza farsi influenzare in maniera troppo pesante dai risultati negativi, ma vanno mixate in modo intelligente a livello comunicativo aspettative, tensioni eventuali coi tifosi, pressioni varie per mantenere la rotta in mezzo a eventuali tempeste, che poi a Novara non sono mai nulla rispetto agli tsunami che capitano in altre piazze, ma questa è storia vecchia.
A livello di singoli, non posso non partire dall’ elogio di un giocatore che ho apprezzato dal primo minuto in cui ha vestito la maglia azzurra, ossia Roberto Ranieri. Sarà per quel suo fisico da grimpeur o per quei suoi 25 anni portati peggio di Minala (si scherza Roby) o per quella sua tendenza a non mostrare mai un atteggiamento o una parola fuori posto (anzi, se non richiesto proprio a non dire nulla, che così non ci si sbaglia) ma a parlare solo e soltanto con le prestazioni in campo. Non ho mai capito il motivo per cui è stato messo in discussione nelle varie gestioni di quest’anno (o meglio, immagino sia stato per un tema di struttura fisica e interdizione in mezzo, ma non l’ho mai condiviso), perché un giocatore con le sue caratteristiche in un centrocampo per me è imprescindibile se si vuol provare a proporre calcio. C’è da dire che fino a gennaio, non avevamo mai avuto un elemento con le caratteristiche di Varone a dare quell’equilibrio in mezzo che mancava. Quindi per una volta, un plauso a Marchionni per essere tornato sui suoi passi, visto che col suo ritorno c’è stato un momento in cui sembrava fuori da giochi e a un passo dalla cessione.
E l’altro non può che essere il giocatore per cui ho ormai un rapporto di odio/amore paragonabile a quello che c’è in una relazione tossica, ossia Galuppini. Calcisticamente non è mai stato in discussione, e probabilmente gli serviva solo una sveglia seria come quella subìta nel post Padova che non era ancora arrivata nonostante la meritasse ben prima. Rimane incomprensibile per me come abbia gettato tutte le occasioni che si sono presentate in moltitudine per riappacificarsi a livello emotivo tramite un’esultanza, un gesto, una dichiarazione, con una piazza che, parliamoci chiaro, ad oggi lo sostiene solo perché quel sinistro non ce l’ha nessuno in categoria. Forse è fatto così, forse non gli interessa, forse sa di essere di passaggio, ma rimane un peccato perché davvero la voglia di fare la parte di ‘scurdammoce o passato’ è tanta a mio parere da parte della piazza ma rimane questo blocco emotivo che non si scioglie ma che potrebbe davvero trasformare la relazione tossica in un grande amore.
Ieri ho sentito più volte dire che questa squadra può essere la mina vagante dei play off. Mi pare ancora un po’ ardita come affermazione, per due motivi. Il primo riguarda le condizioni molto particolari in cui si è sviluppata la partita di ieri e che sostenevo all’inizio. Il secondo riguarda il fatto che per le alternative che abbiamo oggi (o meglio che non abbiamo) sugli esterni, almeno fino al rientro in una condizione soprattutto di testa più presentabile rispetto al brevissimo spezzone a Busto di Lazaar, questa squadra ancora non ha soluzioni di costruzione a parte il giro palla rapido e la verticalizzazione. È vero che c’è sicuramente ora con Varone e Rocca in mezzo una struttura di centrocampo che anche a livello di riconquista e ripartenza dà delle alternative importanti e permette tra l’altro a Galuppini di partire più da lontano come gli piace fare innescando il suo sinistro. Ma anche ieri credo che l’unico vero pericolo dalla fascia sia arrivato per la prima volta nel secondo tempo su quel tocco sottomisura se non sbaglio proprio di Ranieri dopo un bell’uno-due sulla destra. Mi pare evidente quindi che un allenatore avversario che con non sia così così scemo da giocare a due in mezzo e che parta francobollando Ranieri e tenendo subito la pressione molto alta per limitare anche l’impostazione da dietro (esattamente quello che non ha fatto ieri Stefani), ci toglierebbe al momento quasi del tutto il pallino del gioco.
La prova del nove di tutte queste belle elucubrazioni mentali sarà Piacenza. È la classica partita in cui sembrano essersi allineati gli astri a nostro favore: piazza storica in disarmo, squadra disperata costretta a vincere ad ogni costo e che quindi rischierà più del dovuto lasciandoci inevitabilmente spazi. E infatti è la classica partita da dito in culo, come la avrebbe definita il Sergione. Specie in un campionato come questo giocato tutto sull’equilibrio della follia.
Jacopo

Non era facile vincere una partita come quella di oggi, per come si era messa, senza andare in frenesia. In questo senso nel suo svolgimento mi ha ricordato molto quella col Piacenza, con la differenza che lì eravamo già sull’1-1 e non sullo 0-0 e che l’espulsione era arrivata più tardi, con meno tempo a disposizione quindi per portarla a casa. In quell’occasione avevamo regalato la parità numerica con la cagata del capofamiglia, qui non ci siamo per fortuna mai neppure andati vicini, anche se l’arbitro nella sua direzione ha dato più volte l’impressione di voler abbondantemente compensare. Eppure, io ho avuto in più fasi molta paura che in una ripartenza o su uno dei palloni che a centrocampo abbiamo regalato con un po’ troppa superficialità, una squadra con la testa leggera e nessuna ansia da prestazione come la Juve minore potesse punirci nel più classico dei modi e poi mettere le barricate.
Barricate che ci sono comunque state, ma che siamo stati molto bravi e maturi a tirare giù colpo dopo colpo con pazienza. Il mister ha fatto comprendere agli scettici (come me, che lo rimango, e lo specifico solo per non essere poi tacciato di salire sulla barca vincente) il motivo per cui vuole così tanto gli uomini ‘suoi’. Perché, quando vede che l’inerzia è cambiata, può permettersi di prendere un Di Munno che gli deve chiaramente tutto perché altrimenti quest’anno il campo non lo avrebbe mai visto nemmeno col binocolo, e sostituirlo al 33’, evitandosi le paturnie e i mestrui plateali tipici di chi viene levato in corso primo tempo per motivi che non siano fisici. In questo senso, mentre non avevo minimamente compreso la logica di giocarsi lo slot con la Pro Sesto, qui mi è parsa una scelta più comprensibile, perché era evidente che continuando a puntare su quel giro palla un po’ sterile avremmo fatto a tendere molta fatica. Anche perché, parliamoci chiaro, siamo ancora dei mezzi convalescenti, e per tanti versi lo rimarremo ancora per un po’. Perché a meno che Lazaar non sorprenda tutti, saremo ancora per lunghissimi tratti con un esterno adattato come Calcagni che anche lui ci mette tutta la buona volontà ma non ha mai i tempi per mettere in mezzo un pallone sulla corsa senza aver prima puntato l’uomo, e in questo modo arrivano quasi solo palloni da attaccare sul primo palo o molto radenti che a difesa schierata sono sempre degli avversari. Perché Ciancio le uniche cose buone che fa in fase offensiva le fa quando rientra sul destro. E perché in mezzo Varone, che pure ci mette tutta la buona volontà e la grinta del caso, ha delle pause importanti, e anche negli inserimenti è ancora lontano dall’essere efficace.
Tutto questo per dire che dobbiamo assolutamente aumentare il nostro peso offensivo. A questo giro Marchionni ha potuto permettersi di farlo con gradualità, forte dell’uomo in più e della certezza che a meno di un colpo apoplettico a tutta la nostra difesa in contemporanea, quegli altri da soli non avrebbero mai segnato. Lo ha fatto passando prima a 3 davanti mantenendo il suo assetto solito, poi mettendosi a 4 dietro e aggiungendo uomo in mezzo per ridare energia alla mediana e infine buttando dentro Gonzalez giocandosi il tutto per tutto col 4-2-4, e vincendo lui il banco. Ma non sarà sempre così e quindi serve partire da quelli che offrono più garanzie. In questo senso, l’ho detto dopo il Padova e lo ripeto ora, a mio parere non si può fare a meno di Margiotta. Un giocatore che non ha struttura fisica imponente così come non ce l’ha Vuthaj, ma che ha esperienza, duttilità e velocità di pensiero e di giocata anche in assistenza che Dardan purtroppo non possiede in questa categoria. Avere in campo contemporaneamente Galuppini, Dardan e Margiotta per me è ad oggi l’unico modo per poter avere un peso offensivo che prescinda dalla giocata della domenica di Galuppini e dell’episodio estemporaneo. Senza dimenticare che abbiamo un Pablo commovente che può entrare e con le squadre lunghe inventarti l’assist decisivo come ha fatto oggi e uno Spalluto che con l’iniezione di fiducia del gol può pure dare il suo contributo.
Il dubbio è che per come siamo messi oggi in mezzo, almeno finché non avremo il miglior Varone e almeno uno dei due quinti nel proprio ruolo con confidenza e abitudine a fare le due fasi efficacemente come stava iniziando a fare Urso prima dell’infortunio, questo sia un lusso che non possiamo permetterci. Servirà andare per gradi, innestando pian piano chi ricomincia ad essere funzionale nel suo ruolo come fatto con i vari Ariaudo e Varone. Se sapremo reggere nel frattempo come abbiamo fatto oggi, questa macchinina potrebbe arrivare in condizioni ottimali proprio per il rush finale. Sperando di avere ancora qualcosa da giocarci in seguito.
Jacopo

Non serviva certo un’altra sconfitta per decretare che questa barca fosse alla deriva. Era già chiaro da dopo Lecco che dalla mediocrità totale stavamo imboccando quella china che risulta adesso evidente in tutta la sua pericolosità. Il problema è che quando girava a merda, fino a un paio di mesi fa, avevi le fazioni, i casi di narcolessia intermittente in corso partita e i mestrui, ma in assenza di garanzie potevi affidarti a chi stava ai margini in quel momento specifico e in qualche modo anche solo per reazione un po’ di sangue dalle rape almeno temporaneamente lo cavavi. Segavi i Ciancio, i Tiago, i Galuppini, i Pissardo, i Benalouane, i Ranieri e dietro avevi i Calcagni, gli Urso, i Tavernelli, i Desjardins, i Khailoti e i Marginean. Adesso ti giri e a parte qualche ragazzino prestato dalla Primavera hai solo il deserto, grazie al magico mercato dell’ineffabile Pitino, il ds che come nella pubblicità della Denim quando si tratta di definire lo stato fisico di un nuovo acquisto, ‘non deve chiedere mai’.
Il punto vero è che non c’è ormai via di uscita a questa situazione, se non sperare che qualcosa giri magicamente. Questi siamo, e con questi dobbiamo fare quella cosa che per la prima volta finalmente ho sentito definire chiaramente nel post-partita, ossia salvarsi. L’unico aspetto positivo di questa merda di giornata è che forse ci siamo levati dalla testa le varie ultime coincidenze da prendere per stare agganciati a treni su cui solo chi sta in panchina e qualche altro visionario pensava ancora di poter salire. Visto che il disastro è in buona parte il suo, una cosa quindi potrebbe farla ora Marchionni: evitare almeno lui di affidarsi al pensiero magico, astenendosi come fanno gli allenatori al capolinea che cercano le ultime risorse dentro la rosa dal lanciare messaggi in bottiglia a non si sa chi, forse a sé stesso visto che ormai a conti fatti almeno metà della gente che fa parte di questa squadra l’ha voluta lui in estate o a gennaio. Fare esordire fuori ruolo uno che non gioca da un anno e contemporaneamente uno che in due anni è sceso in campo una decina di volte mi è parso un chiaro grido di disperazione, anche se alla fine Tentoni e Varone sono stati tutt’altro che i peggiori in campo. Ma in generale, e nello specifico la cosa mi è parsa lampante in attacco, credo sarebbe buona cosa affidarsi in questo momento invece che all’istinto, a chi dà l’impressione nel disastro generale di avere un minimo di confidenza con quello che si definisce ‘giocare al calcio’. Un nome per tutti: Margiotta. L’altro, con tutti i suoi limiti, la sua testa e la simpatia che a me personalmente suscita e che ricorda molto quella che ho per la musica trap, si chiama Dardan Vuthaj. E a nessuno come a me probabilmente fa male dirlo, visto che al suo posto fino a un mese fa c’era uno degli uomini, prima che dei calciatori, che ho più apprezzato a Novara, ossia Bortolussi, che puntualmente ci ha purgati. A questo proposito, mi è spiaciuto sentire quando è uscito una serie di insulti assortiti verso un ragazzo che ha avuto la sola colpa di fare il mestiere per cui è molto profumatamente pagato. Poteva non esultare al gol? Forse sì. Ma con tutto quello che è successo da luglio fino a gennaio dentro quello spogliatoio, per quel che ne sappiamo noi, forse per lui c’erano tutti gli elementi non solo per festeggiare, ma anche per tirarsi giù i pantaloni e fare l’elicottero col pisello.
Allo stato attuale delle cose, quindi, pensare alla salvezza è di fatto roba da rabdomanti e aruspici, e non ha nulla a che vedere con la razionalità. Ma dobbiamo farlo, costi quel che costi. E un giorno, comunque andrà a finire questo disastro tecnico-tattico-gestionale, guardandoci indietro, considerando chi avrà vinto questo disgraziato campionato e con che media punti, se saremo ancora tra i professionisti potremo scrivere un libro sulle tecniche di auto penetrazione e sul sadomasochismo.
Jacopo
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