Chissà quanti di noi, tornando a casa stravolti dopo il derby, rivolgendosi alla moglie le avranno rivolto la frase “ciao amore, sei bella come il gol del Novara al novantaquattresimo”
Maurizio Arcieri, nel 1968, cantava una canzone dal titolo “5 minuti”; a me, che di nome fo pur’ io Maurizio, di minuti ne son bastati quattro.
E si, perché il destino, oltre a vendicare la sconfitta rimediata a Vercelli nel 2016 quando Emmanuello ci purgò al novantesimo, ha voluto metterci del suo.
Si, ha preteso che si modificasse il copione variando lo spazio temporale dentro cui far scorrere adrenalina pura, giocando con sadismo la sua partita personale.
Quattro minuti, quante cose si possono fare nel breve volgere di quattro minuti, giusto il tempo necessario per ordinare e bere un caffè o percorrere circa seimila metri alla velocità di cento chilometri orari, fare il pieno all’automobile e pagare un’ottantina di euro. E’ possibile addirittura procurarsi nei minuti di recupero un “quasi” rigore e vincere una partita di calcio, o percorrere la padana superiore in direzione Vercelli dopo essere partito dal piazzale di uno stadio vero e trovarsi alle porte di Cameriano, oppure cercare il macinino del pepe per grattarne un pochino sulla coda di un derby che stava ancora una volta scivolando via come un concetto sulla TAV espresso dal vice presidente del consiglio Di Maio.
Ecco, il destino questa volta non si è accontentato del novantesimo minuto per portare a termine il suo disegno, ma ha voluto aspettare un tantino per fare le cose in grande volendo stupire con un “coup de théâtre” tanto spettacolare quanto unico, tra l’altro riuscendoci con rara maestria, quasi avesse studiato la sceneggiatura per tutti questi anni.
E allora il destino, ha chiesto aiuto al tempo, che per tutti è quel galantuomo che scorre sfuggevole come sabbia tra le dita, lasciando granelli di ricordi incastrati tra cuore e anima.
Si sono dunque vestiti con i loro abiti migliori, per proporsi, tirati a lucido, al cospetto della storia, esigendo, però, che uno slalom di Zappa, prima, e il piede da disegno di Cacia poi, ponessero termine all’ extra time e a una tensione francamente divenuta insopportabile.
Non servirà null’altro per ricordare questo derby se non questi quattro minuti, relegando i restanti novanta al ruolo di comprimari accademici e retorici.
Soddisfazione e gioia incontrollabili, immense, complete, coinvolgenti, ecumeniche, dove anche le persone che non conosci diventano d’incanto amiche al pari di quella tifosa che, dopo il rigore liberatore realizzato da Cacia, vedendomi ormai giunto alla soglia delle lacrime, mi ha carezzato i capelli con dolcezza pari a quella con cui la palla calciata da Rigoni ha terminato la sua traiettoria nella rete della Reggina.
Vincere un derby al novantaquattresimo è anche questo.
Tutto ciò in quattro minuti.
Nonnopipo
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