Pensieri e parole
Riflessioni di inizio anno di un anonimo esponente della gente da stadio.
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4 anni faon
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ilVannu
Novara Pontedera, 5 minuti dall’inizio, poche persone in coda ai tornelli di ingresso e uno Steward mi fa questioni perché in una tasca del giubbotto mi trova uno spray per la sinusite. Dopo 10 minuti dall’inizio un altro percorre 50 metri all’interno dello stadio per redarguire una persona che è stata vista accendersi una sigaretta con un accendino che, lo Steward di prima, non gli ha sequestrato evidentemente perché più interessato al mio spray. Due scene tanto assurde quanto frequenti che chi è solito andare allo stadio è abituato ad assistere ma che tutti gli altri invece ignorano, pensando che allo stadio venga concesso fare di tutto a chiunque.
Dopo i fatti successi nel pre gara di Inter Napoli abbiamo assistito ad un vero e proprio scontro di pensieri tra due mondi: la maggioranza degli indignati che ha vomitato tutto il proprio sdegno e condanna al mondo ultras che, per quanto ha potuto, si è difeso rispedendo ai mittenti le accuse. Ognuna delle parti con un crescendo di foga e astio che, per quanto mi riguarda, ha reso il dibattito inascoltabile.
Chi mi conosce sa che ho sempre difeso le generalizzazioni perché, il più delle volte, sono il solo modo a disposizione di chi racconta l’analisi di un fenomeno che diventa tale proprio quando assume i caratteri di massa. Che un Claudio a caso possa essere uno soggetto che, cinghia in mano, possa cercare lo scontro sarebbe irrilevante se non ci fossero in Italia tanti Claudio come lui. Quindi generalizzare sulla sua figura è un esercizio che, pur antipatico che sia, ha una sua logica. Un po’ meno lo ha etichettare come “Ultras” (o quantomeno farlo nell’accezione più delinquenziale possibile del termine) chiunque frequenti gli stadi. Cosa che ultimamente ho ascoltato fare in un modo assolutamente superficiale da troppe persone, alcune delle quali col diritto divino di parola nelle varie tv.
La verità è che poche persone sanno di cosa stanno parlando quando si riempiono la bocca della parola “ultras “. Più in generale penso che pure tra la gente da stadio ci sia difficoltà a trovare un accordo sul significato della stessa parola, visto che più o meno tutti si definiscono Ultras quando se ne parla in positivo. Figuriamoci se chi non ha mai messo piede in uno stadio può essere titolato a pontificare su un fenomeno complesso come quello degli Ultras quando questo si macchia di qualche fatto negativo. L’importante però è smarcarsi da loro in fretta e furia, non importa come e perché ma basta che la condanna sia forte, perché questo l’opinione pubblica italiana oggi chiede. E pazienza se tutto il Paese sta andando allo scatafascio. Per esempio è un mese che in Parlamento c’è una vergognosa rissa ogni giorno ma il Presidente Mattarella ovviamente la critica a reti unificate di fine anno la rivolge solo agli “Ultras”, dimenticandosi di condannare con pari enfasi quel costante e meraviglioso esempio di civiltà che i nostri Senatori e Deputati ci regalano.
Penso che siamo all’inizio di un periodo che si preannuncia parecchio difficile per la gente da stadio, nel quale delinquenti, Ultras, supporters, fans, tifosotti o semplici appassionati vengono messi tutti sullo stesso piano e colpiti in nome di un dissenso e un’indignazione popolare per una tragedia che ha colpito tutti e della quale sinceramente non ne avevamo proprio bisogno. Quello che mi preoccupa infatti non è tanto la sete di giustizia sommaria che si respira nell’aria, anche perché, a differenza di quegli stupidi luoghi comuni che sento nei discorsi al supermercato di esemplificativi esempi di italiani medi, per quei fatti di Via Novara molti pagheranno e pure molto caro. Mi preoccupa quell’inevitabile inasprimento dei rapporti che ci saranno tra le varie anime delle tifoserie organizzate e gli organi preposti alla gestione degli eventi, alla loro sicurezza e all’ordine.
Mi aspetto un periodo in cui molti tifosi, anche culturalmente e filosoficamente parecchio distanti dai profili più estremi, possano avere seri problemi per un semplice “vaffanculo” di troppo, o magari per un innocente adesivo appiccicato, proprio perché, la storia lo dice, a fronte di un evento estremo con morto ne consegue sempre una reazione estrema delle Istituzioni. Sono molto curioso di vedere Matteo Salvini come riuscirà a mediare in questa situazione in cui ha il dovere Istituzionale e legale di prendere le parti dei Questori ma, contemporaneamente, il dovere morale di difendere e tutelare gran parte del suo bacino di consensi, se non a livello di partito sicuramente a livello personale, cui è probabile accinga da una consistente parte del movimento ultras italiano. Con un altro Ministro degli Interni più “tradizionale” probabilmente la repressione nei confronti di questi movimenti sarebbe stata totale, forse decisiva per la fine di questo fenomeno. Con Salvini sono curioso di vedere che cosa succederà.
Non credo che serva spendere tempo e parole per l’ovvietà di condannare chi allo stadio usa coltelli o, peggio ancora, abbia accellerato per calpestare volutamente un ragazzo. L’Italia è un Paese strano che è stato capace di intitolare una sala del Parlamento in memoria di chi, a Genova incappucciato e con un estintore in mano pronto a colpire un Carabiniere, è rimasto a terra senza vita. Ma quando il morto invece è un Ultras ecco che allora tutti avrebbero accelerato o sparato se si fossero trovati lì in mezzo in divisa. Quindi mi pare stupido star qui a difendere l’indifendibile o condannare solo per il gusto di allinearmi all’opinione preponderante. Ognuno si sarà fatta un’idea personale e quindi va bene così.
Mi auguro solo che varcare un tornello di uno stadio non diventi ancora più complicato di quanto lo è già ora. Mi auguro che affrontare una trasferta non diventi una cosa impossibile. Mi auguro che venga ancora concesso di vivere la propria passione nel modo che ognuno preferisce, perché penso che fino a quando non arreca un danno ad altri, nessuno può impedire ad un libero cittadino di vivere lo stadio come meglio crede, in nome di una presunta e ipocrita superiorità etica e morale. Mi auguro, quindi, che per una volta Istituzioni e politica non colpiscano tutti per pulirsi una coscienza parecchio sporca.
Lunga vita alla gente da stadio. Sempre e comunque.
Claudio Vannucci
Fondatore dei Blog Novara Siamo Noi e Rettilineo Tribuna, Vice Presidente del Coordinamento Cuore Azzurro e fraterno amico di chiunque al mondo consideri lo stadio la sua seconda casa. O addirittura la prima. Editorialista estremista, gattaro.

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Un fortissimo abbraccio a Roberto Cevoli con auguri di pronta guarigione. Nella storia del Novara Roberto non entrerà per i risultati ma sulla sua onestà e dedizione non si può eccepire nulla. Pacato e mai sopra le righe si è trovato a dover gestire una situazione difficile suo malgrado e come spesso accade nel calcio si sono riversate su di lui tutte le colpe. Probabilmente ha commesso qualche errore ma non era certo il colpevole assoluto. Persona piacevole con cui interloquire e discutere senza dover alzare mai i toni.
Un grandissimo in bocca al lupo dai tifosi azzurri per poter tornare ad una vita serena in cui tu possa sederti su una panchina probabilmente da avversario ma con tutto il nostro rispetto.
Siviersson

Pavanati e De Salvo sono falliti. Non riesco ancora a prenderla come una buona notizia, anzi rabbia e indignazione sono ancora predominanti per una vicenda truffaldina che ci ha privato della storia del nostro Novara Calcio 1908.
Ora per lo meno la strada è tracciata: Pavanati e De Salvo sono falliti, dovranno probabilmente rispondere di bancarotta fraudolenta e sinceramente spero che la giustizia una volta tanto, vada fino in fondo facendogli pagare fino all’ultimo centesimo.
L’iter fallimentare prevede che tutti i beni materiali della società (Coppe, Trofei, Maglie Storiche e tutti i cimeli del Novara Calcio 1908) dovranno essere messi all’asta per risarcire i creditori.
E questo è il primo punto: bisogna evitare che un privato o un collezionista se ne impossessi. Le associazioni ed i club vicini al Novara Calcio, penso al Coordinamento e ai Fedelissimi ma anche al Panathlon Club Novara attuale con Presidente Carlo Accornero oppure lo stesso Comune di Novara devono recuperare tutto questo patrimonio e restituirlo alla città. Passeranno parecchi mesi prima dell’asta fallimentare ma sarebbe utile cominciare a pensarci ed organizzarci.
Il secondo punto è la restituzione del titolo sportivo alla società che in questo momento rappresenta il calcio a Novara. Può sembrare un banale capriccio sentimentale ma in realtà è l’unico modo per restituire la Storia del Novara Calcio ai suoi tifosi. Insisto e ripeto l’esempio più banale: festeggiare il record di gol realizzati da Gonzalez è un’ipocrisia che tale rimarrà finché il titolo sportivo del Novara Calcio 1908 non verrà assegnato al FC Novara.
L’art. 52, 2° comma, delle N.O.I.F. è chiaro “il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del presidente della F.I.G.C.” ma perché questo avvenga qualcuno con le carte in regola deve richiederlo e l’unico ad averle è il FC Novara.
Non ho mai sentito Ferranti esporsi su questo argomento forse perché attendeva la sentenza di fallimento definitiva. Adesso è arrivato il momento di far sapere le sue intenzioni. Questa sarà la sua partita più importante, l’unica veramente da vincere e così finalmente capiremo se sta diventando un “nuares” o viceversa se al di la di tante parole il FC Novara è soltanto un bel passatempo.
Vinci per noi Massimo Ferranti!

La parola “amore” può essere riferita talmente a tante cose e situazioni, che è impossibile definirne in modo compiuto un significato generale, ed è possibile spiegarla solo osservandone i vari aspetti che la caratterizzano nelle situazioni specifiche a cui la si può associare.
E queste situazioni non sempre sono determinate dai classici rapporti umani nei quali si stabiliscono relazioni che convenzionalmente definiamo amorose. A volte sono passioni di diverso genere, verso cose, attivitá spesso di lavoro, insomma ogni cosa che fa riferimento a tutto lo scibile possibile e immaginabile.
Eppure in molti casi si determina un rapporto amoroso che risulta più intenso e duraturo di quello che si può stabilire in una relazione di coppia.
Esiste, per esempio, un amore che spesso nasce nel periodo in cui si accendono quei rapporti che dureranno tutta la vita, ovvero l’infanzia, dove sará pressocché impossibile successivamente abbandonarlo e che ti seguirá fedelmente per tutta la vita: l’amore per il calcio.
Questo sentimento nasce, appunto, solitamente da piccoli, quando è più facile dare fuoco alle fantasie create dalla purezza d’ animo che accompagna, mano nella mano, i sogni che più avanti si trasformeranno in speranze: scatta la scintilla e si viene assaliti da una irresistibile voglia di emulare le gesta e le imprese dei giocatori della tua squadra del cuore e di provare a diventare come loro; ed è così, proprio con queste motivazioni e queste aspettative che si inizia a giocare a calcio, magari in una squadretta di periferia, non prima di aver calcato ogni tipo di terreno improvvisato.
Ma inevitabilmente quando si cresce, questa sensazione diventa ancor più forte, fino ad assumere i tratti della dipendenza, come una droga, davanti alla quale assume i tratti di un’impresa titanica dovervi rinunciare.
Ma se risulta sacrosanto fuggire dalle droghe che creano dipendenza e provocano danni inimmaginabili, dalla dipendenza dal calcio, sarebbe buona cosa non fuggire, anzi, favorire l’introduzione di un ragazzo a questa disciplina di carattere sportivo significherebbe offrire a lui una importante opportunitá di crescita.
Più importante peró sarebbe che i genitori non pretendessero di avere dopo pochi mesi, un piccolo futuro campione in casa, somigliando a quei tifosi che si convincono di avere nella rosa della propria squadra campioni da cui pretendere sempre prestazioni di alto livello.
Da questa esperienza si possono imparare tante cose come l’importanza del gioco di squadra e la imprescindibilità del reciproco sostegno nonché aiuto, e che da questa universale disciplina, a patto che si rispettino i criteri fondamentali di rispetto e lealtà nei confronti dell’avversario, si possono provare tutte quelle gioie che tutti conosciamo avendole almeno una volta provate, come vincere un torneo o una coppa, magari segnare un gol decisivo e subito trovarsi a celebrare, attraverso un abbraccio collettivo, uno di quei momenti che per sempre resteranno impressi.
Quanto sopra rappresenta il top delle emozioni, ma esistono altresi anche quelle piccole soddisfazioni quotidiane come i miglioramenti e progressi tangibili che in allenamento si possono percepire come conquiste di cui essere orgogliosi che segnalano inequivocabilmente la qualità del lavoro svolto con passione.
Bisogna però mantenere un certo equilibrio e non temere di esibire un buon livello di onestà intellettuale nel parlare di queste cose, quindi si deve sottolineare che, come dice il proverbio, non sono tutte rose e fiori, e chiarire subito che dal calcio le emozioni che si possono provare non sono solo quelle positive, anzi sono statisticamente più frequenti quelle negative, basti pensare alla recente e bruciante eliminazione dai mondiali della nostra Nazionale come esempio macroscopico.
Comunque, nonostante questi alti e bassi, il calcio entra nella vita e nell’essere di chi lo pratica, così profondamente al punto che risulta essere poi molto difficile, se non addirittura quasi impossibile, sostituire con altra materia sportiva, o dimenticare, forse anche da accantonare temporaneamente.
Non credo di sbagliare nell’affermare che per molti il calcio viene considerato più che uno sport, più che uno sfogo psicofisico, addirittura come una seconda vita.
Mi è capitato di dover difendere la mia personalissima posizione dall’attacco di chi giudica sciocco e infantile innamorarsi di uno sport il cui scopo sia quello di correre appresso una palla, e come sia possibile spendere così tanti soldi e tempo per seguire allo stadio la propria squadra, addirittura accompagnandola in trasferta.
È propabile che sia superfluo tentare una risposta, quasi certo che qualunque sia la controteoria esposta, sarà pressocché impossibile fare breccia nel qualunquismo dal quale nascono queste affermazioni.
Mai potrà capire e fare propria la gioia che si prova quando la tua squadra vince, o più ancora quando ciò avviene grazie a un gol spettacolare o anche attraverso il classico gollonzo, chi ti formula queste accuse lui si, probabilmente, è uno di quelli che è nato e vive in perenne fuorigioco!!
Per non parlare poi dell’adrenalina e della tensione tributate all’attesa di una partita importante della tua squadra, anche se tutte le partite sono importanti!
Penso che gli amanti del calcio dentro di sè, posseggano e custodiscano qualcosa di perverso o di sadico e magari di autolesionistico, in quanto il meno che ti possa capitare è una sorta di malessere fisico e comportamentale, senza voler citare quella stranissima e spiacevole sensazione intestinale di budella contorte prima di ogni appuntamento con i tuoi sacri colori.
In definitiva il calcio è si solo correre dietro a una palla, e per questo è un amore ben strano; ma in fianco a quella palla molto spesso corre anche la vita.
E se a quella palla tu riuscissi mai a dare il calcio giusto, quello che fa la differenza rispetto a quanti calci ne prendi in culo sovente dalla vita, vedrai quella palla infilarsi nella porta per accompagnarti a braccetto con lei alla vittoria.
Il Novara rappresenta tutto questo e tanto altro.
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