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Storia e memoria

CUNEO-NOVARA 0-1 1 aprile 1990

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Facciamoci del male e torniamo nell’anno orribile 1990, quello della retrocessione / riammissione.

Da pochi giorni il Partito Comunista Italiano non esiste più, trasformato prima in una “cosa” e poi con gli anni in un contenitore sempre meno di sinistra

E mentre le note di “un’estate Italiana” annunciano gli imminenti mondiali di calcio, noi andiamo a Cuneo.

A otto giornate dal termine, la classifica è pessima ma non ancora disastrosa. Ma è innegabile che la squadra, allestita per ben altri obbiettivi, non riesce a calarsi nella dura realtà della lotta per la salvezza. Lo sa bene Marchetti che prova a lanciare un grido di allarme:

“Forse sarebbe servito qualche giovane in più, con la grinta, l’umiltà e la voglia di emergere che sono indispensabili in questa categoria. Secondo me questa squadra non ha tali attitudini. Io mi batto, mi diverto ancora a giocare e non capisco chi limita l’impegno”

A Cuneo è una giornata di festa: palloncini e gelati per tutti in occasione della giornata biancorossa.  I Piemontesi della provincia Granda vogliono la vittoria per suggellare un ottimo campionato che li vede a ridosso delle prime in classifica.

E invece è arrivata la vittoria azzurra. Niente di esaltante nella prestazione ma due punti importantissimi che illudono tutti, giornalisti compresi: l’articolo de La Stampa del martedì comincia con: “Finalmente la tranquillità…”

In realtà la partita fu risolta da un singolo episodio: al 32’ Guerra sfrutta nel migliore dei modi il primo e unico calcio d’angolo: stacco di testa dal centro dell’area piccola.

Il gol dona autostima agli azzurri che riescono ad uscire dallo stadio del Cuneo vittoriosi e con l’illusione che a 8 partite dal termine il peggio fosse passato

Adesso che la classifica non rappresenta più un grosso problema, i novaresi dovrebbero giocare più tranquilli le prossime gare, mettendo in mostra quelle doti che fino a questo momento hanno tenute nascoste.

Le doti rimasero nascoste, la classifica divenne un enorme problema ed il Pontedera raggiunse in classifica il Novara alla penultima giornata di campionato…

                                    

Se la cava meglio con i video che con la scrittura, spiega meglio il passato che il presente. Ma l’importante è che ci sia Novara ed il Novara di mezzo. La sintesi è la sua dote migliore.

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Giovanni da Caselle Lurani

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Era l’autunno del 76 e quel Novara arrivava da una stagione che, Catanzaro a parte, aveva fatto sognare tanti che, come me, non avevano ancora vent’anni.
L’arrivo di Lodetti con Buso, Vriz ed il ritorno di Fumagalli ci aveva fatto sperare, nonostante le tante uscite, in un altro campionato da protagonisti.

Retrocedemmo da ultimi senza nemmeno capire perché e Lodetti fece il suo, senza infamia e senza lode, con i suoi 34 anni che, a quel tempo e probabilmente con i tanti chilometri fatti per servire Rivera, erano tanti e si vedeva.

Lo salutammo l’anno dopo quando diede l’addio al calcio in un campionato di serie C che lo  vide poche volte in campo.

Ci inchiniamo comunque davanti ad un campione, dentro e fuori dal campo, ed ad un uomo che non fece mai pesare il suo passato.

Ciumi

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Ciao Maciste

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Ci ha lasciato Bruno Bolchi, allenatore del Novara nella stagione 1978/79. Si è spento all’età di 82 anni dopo una lunga malattia.

Nel 1961 fu il primo calciatore ad apparire sulle figurine della Panini ma a Novara lo ricordiamo per essere stato alla guida degli azzurri nella stagione 1978/79 lottando per la promozione in serie B fino a poche giornate dalla fine quando il processo per illecito causato dalle accuse di Troilo verso Scandroglio stroncarono ogni speranza.

Era un’ottima squadra quella guidata da Bolchi con Genzano, Basili, Giudetti nella sua stagione migliore, i giovani Gioria e Boldini e le colonne Veschetti e Jacomuzzi. Alla fine, concluse il campionato con 40 punti effettivi a soli 4 punti dal Parma promosso in B, con molti rimpianti.

Bolchi lasciò il Novara dopo una sola stagione per partecipare al supercorso di Coverciano che all’epoca non consentiva di allenare contemporaneamente una squadra. Successivamente divenne allenatore di successo raggiungendo diverse promozioni in serie A con Bari, Cesena, Lecce e Reggina oltre a due promozioni dalla C alla B con Bari e Pistoiese.

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il portiere più forte del mondo senza mani

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Garella divenne famoso giocando nella Lazio, nel Verona e nel Napoli ma il suo vero battesimo di fuoco, con un campionato spettacolare giocato da lui e da tutta la squadra, fu in quel Novara di Lamberto Giorgis.

Portiere anomalo per i tempi giocava solo con l’istinto … come dovrebbe fare un vero portiere: gambe, piedi e testa erano i suoi punti di forza; punti talmente forti che l’Avvocato arrivò a definirlo “il portiere più forte del mondo senza mani”.

Tanto era sgraziato ed aggressivo in mezzo ai pali tanto era gentile e buono fuori dal campo. Fu l’idolo di tanti di noi che in quei tempi giocavano in porta e che si arrangiavano come potevano con tutte le articolazioni che avevano a disposizione.

Dimenticato da tutto il mondo del calcio nonostante due scudetti vinti resterà indelebile nella memoria di tanti di noi la cavalcata di quell’anno in cui sfiorammo la promozione in A con lui come protagonista.

Ciumi

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