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O dentro o fuori.

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Il derby in generale, ma soprattutto quello giocato ieri, è una sfida che non ammette alcun tipo di sfumatura di grigio. O è bianco o è nero. Si scontrano la speranza e la pretesa, se non addirittura presunzione, di asfaltare i tuoi avversari ostentata sempre dai tifosi, e la saggezza di chi poi la partita la giocherà realmente, che si rifugia in un “se non posso vincere almeno non devo perdere”. Difficile mediare in queste situazioni, perché quando poi la partita termina con un pareggio, succede che invece di tornare a casa tutti soddisfatti accade proprio il contrario: ognuno con la sua paturnia preferita che rincasa con andamento ciondolante e la convinzione che si sarebbe potuto e/o dovuto fare di più.

Molto complicato quindi ragionare su questa partita. La mia impressione è che, finalmente, dopo qualche derby giocato parecchio male (o proprio nemmeno giocato) si esca dal Piola fu Robbiano molto meglio del solito. Tralasciando i primi 25 minuti di gioco in cui è stato oggettivamente difficile sostenere la causa azzurra, dopo il rigore di Cacia si è vista finalmente una squadra che non ha avuto paura di giocarsi il suo derby, provando per quanto ha potuto a vincerla, rischiando però ovviamente di perderla. Viviamo tutti la nostra condizione di tifosi col fatto di dare sempre per scontato un certo atteggiamento grintoso in partite come queste, ma i recenti derby giocati con almeno 50 giocatori diversi di quelli di ieri (peraltro nella maggior parte dei casi considerati di categoria superiore), ci hanno dimostrato il contrario. Dovrebbe quindi bastare questo a farci sorridere? Probabilmente no, ma questo oggi è tutto ciò che il Novara Calcio può offrire.

Penso che ci sia solamente un modo per non rendere psicologicamente ed emotivamente devastante questo campionato, o quantomeno non renderlo ancora di più di quanto già lo sia di suo: accettare di essere questi, e di esserlo in una categoria come quella che è diventata oggi questa serie C. Cosa che la maggior parte di noi ancora non riesce o non vuole riuscire ad accettare. Se non si fa lo sforzo di accettare la possibilità di vedere decine di palloni buttati a casaccio in tribuna o genericamente in avanti, se non si fa lo sforzo di accettare di vedere decine di svirgolate o di ciabattate, se non si fa lo sforzo di accettare che difficilmente si vedranno tre passaggi di fila fatti sufficientemente bene, allora tutto sarà più brutto di quello che è. Se è vero, come dice il mio amico Ciumi, che allo stadio ogni opinione è legittima, esattamente come i modi di vedere il calcio, una volta però che si esce si dovrebbe, pur con le dovute visioni differenti, mantenere un minimo di oggettività nei giudizi. Se il desiderio della gente è quello di vedere “centrocampisti che veriticalizzino di prima”, “gente in mezzo che salti l’uomo e metta le punte davanti al portiere avversario”, “terzini che macinino km e che puntino dentro l’area o crossino teso sulla testa degli attaccanti”, e il non vederli in questa categoria li autorizzi ogni singolo giorno a processare il rosario di Santi e Madonne contro la Società o la squadra stessa, allora si rischia seriamente di fare come quei maschi che, senza possedere gli identici requisiti fisici ricercati in una donna, rimangono scapoli a vita perché hanno un target di accoppiamento impostato dalla Elisabetta Canalis in su. Usciamo da questo equivoco di fondo, siamo in serie C e la nostra non sarà mai una squadra in grado di uccidere questo campionato.

Detto questo, il Novara visto in queste prime sei partite può e deve migliorare ancora molto. E in tal senso credo che, più che i giocatori, ad oggi sia Mister Viali che non sia ancora riuscito a dare quel valore aggiunto che un allenatore chiamato ad allenare una rosa sulla carta sicuramente tra le più attrezzate della categoria deve assolutamente saper dare. Abbiamo però giocato contro tre della quattro squadre considerate forti: abbiamo dominato il Piacenza in casa loro, abbiamo perso a Carrara (in una partita a tratti gestita e sulla quale abbiamo avuto tutti da ridire) e pareggiato il derby in casa loro senza possibilità di fare cambi credibili in due reparti su tre. Ci rimane solo da vedere l’Entella, sempre che lo si veda, considerata da tutti, non si sa per quale motivo e con che basi oggettive, la più forte del campionato. Questo vuol dire che ora ci troviamo davanti ad un periodo in cui giocheremo una serie finalmente continuativa di partite contro squadre sicuramente più deboli nelle quali, oltre alle singole capacità e motivazioni, faranno la differenza la determinazione e la mentalità vincente. Il Cacia e il tanto criticato Eusepi (tanto per citare due esempi) stanno dimostrando di essere una spanna sopra la media di qualsiasi giocatore di serie C. I sette goal segnati in due nelle sei partite giocate fino ad oggi ne sono la riprova. Nei prossimi due mesi quello che dovrà emergere non dovrà quindi essere tanto il singolo ma la mentalità e la coesione del gruppo, e non ci sono dubbi che tutto ciò dovrà essere trasmesso dall’allenatore e, aggiungo, dalla Società. Dalla quale purtroppo si deve sempre solo professare un’opera di fede e dare per scontata la sua costante presenza e incitamento ma sulla quale rimangono i miei personali dubbi, Ludi escluso, sul fatto che agisca concretamente in tal senso.

Personalmente prima di entrare al Piola fu Robbiano temevo questa partita, mi sarei accontentato del pareggio. Ero convinto che, tra le due, chi non potesse permettersi di perdere quella partita eravamo noi. Un secondo dopo essere entrato nello stadio tutti i miei buoni propositi sono svaniti, come è giusto che sia, perché mai più avrei barattato un pareggio. Dopo una nottata ora penso che chi ha mostruosi margini di miglioramento siamo noi rispetto a loro che, bene o male, quelli sono e quelli saranno. Ed è lo stesso pensiero che ho avuto vedendo le altre squadre più forti. Non sono nessuno per chiedere tempo e fiducia. Non lo fa la Società e non vedo perché dovrei farlo io. Ma penso che i campionati non si vincano solo pesando la squadra sul suo reale valore assoluto ma anche e soprattutto su quello relativo rispetto alle antagoniste. Noi siamo la squadra alla quale, probabilmente, è costata di più questa estate folle nei tribunali, ed ora ne dobbiamo tutti uscire. Ragazzi, questi siamo e in questa categoria apparteniamo. Ribadisco con forza la necessità di una scelta di campo invocata martedì pomeriggio. O dentro o fuori. Chi rimane dentro urli solo Forza Novara, agli altri un amichevole arrivederci.

Claudio Vannucci

Fondatore dei Blog Novara Siamo Noi e Rettilineo Tribuna, Vice Presidente del Coordinamento Cuore Azzurro e fraterno amico di chiunque al mondo consideri lo stadio la sua seconda casa. O addirittura la prima. Editorialista estremista, gattaro.

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Una storia di contingenza e progettualità

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La contingenza è quella situazione o circostanza per cui sei chiamato a far fronte ad uno o più specifici problemi che hanno totalmente alterato quella condizione di normalità, o di standard,  cui si era predisposti ad affrontare. In tal senso, l’era Marchionni 2.0 è stata, e lo è ancora, oggettivamente caratterizzata dal dover far fronte a situazioni paradossali. Faccio un esempio: in almeno due partite ci si è trovati nella situazione di aver seria difficoltà a schierare 11 giocatori di categoria, per non parlare poi del tema sostituzioni in corso d’opera per le quali, se credenti, la sola cosa da fare era il farsi un segno della croce. In quel momento era crollato pure l’ambiente, da taluni visto come concausa dei problemi del Novara FC, che ha certamente reso più difficile il compito dell’allenatore. Ecco, mi permetto però di far notare come in un certo senso quel moto di orgoglio visto nelle due ultime vittorie consecutive sia casualmente proprio coinciso con due precisi interventi: “contestazione” della curva e del pubblico (la parola contestazione è volutamente tra virgolette perché molti che parlano di contestazione forse non sanno altrove a che livello della stessa si può arrivare, ma vabbè) e conferenza stampa del Pres, da me criticata e che ancora oggi considero concettualmente fuori luogo, durante la quale ha sostanzialmente “contestato” pure lui tutta la sua squadra. Con questo voglio dire, anzi, mi rivolgo apertamente a chi tutte le volte che la tifoseria alza i toni tende a far partire una stucchevole difesa di ufficio basata su un concetto tutto particolare di tifo in base al quale debba sempre andare tutto bene, che talvolta è proprio toccando nell’orgoglio un gruppo apparentemente demotivato e stanco che si possono trovare quegli stimoli di rivalsa. E questo è proprio uno dei motivi per cui, più si alza l’asticella tecnica, e più il contesto, nel bene e nel male, fa la differenza. Non è un caso che, certe piazze con poco tifo, quando vincolo lo fanno solo perché trovano l’annata in cui sono davvero più forti di tutti, ma altrimenti, pur in un contesto di stagione assolutamente positiva, arrivano al bello e perdono anche perché le motivazioni alla lunga scemano e la pressione può fare la differenza. Quando è sempre tutto un paradiso, quando sia che si vinca o si perda “ma chissenefrega, sono bravi ragazzi e gli vogliamo bene”, alla lunga scatta qualcosa per cui anche tra i giocatori “ma chissenefrega è andata cosi, pazienza”. E per chi non crede a quanto dico, sappiate che lo faccio sulla base di innumerevoli testimonianze ricevute da tanti giocatori cui negli anni ho avuto il piacere di chiacchierare. I calciatori sono così, ognuno poi si alimenta le proprie amicizie, ma fondamentalmente sono ragazzi e come tali vanno gestiti col bastone e con la carota. Solo che è quando li gestisci col bastone che capisci realmente chi ha la stoffa e vuole reagire ma anche chi, tra la piazza, probabilmente non ce l’ha e gli va bene sempre tutto. San Giuliano e la Juve di ieri sono state due squadre scarse, o meglio grame grame, ma quante altre volte abbiamo perso contro altrettante squadre penose? Quindi merito ai nostri giocatori ma anche chi tra la tifoseria ha saputo evidentemente toccare le corde giuste.

E poi c’è la progettualità futura, che a meta marzo dovrebbe già essere tema di primaria importanza. In un recentissimo incontro tra Ferranti e la tifoseria organizzata, a mia precisa domanda circa il futuro ha risposto così: “3 scenari. 1 rimango io ma con budget molto limitato stile Alessandria questa stagione, 2 entrano due Soci (ovviamente non novaresi), 3 vendo”. Tralasciamo l’opzione 3 che mi pare irreale o comunque una storia ancora tutta da scrivere, e tralasciando anche  lo scenario 2 per il quale è evidente che arriverebbero ingenti investimenti, ad oggi lo scenario 1 è il più credibile ed attuale sul quale ragionare. A caldo ammetto di essermi fatto un po’ prendere dallo sconforto, ma poi ragionandoci su ho capito che Ferranti va sempre letto con ausilio della pagina 777 del televideo e poi messo su Google Translate, perché dice una cosa ma nella sua testa magari pensa altro. Infatti un conto sarebbe stato quello di partire da zero con budget come quello dell’Alessandria, e un altro quello di partire con una base di rosa intervenendo sulle caselle mancanti. Al netto della delusione attuale e dell’ambizione di ognuno di noi, ad oggi abbiamo una serie di giocatori che ragionevolmente faranno parte o potranno far parte del futuro, e tra questi inserisco per esempio figure come Pelagotti, Illanes, Margiotta e Varone i cui contratti saranno tutti da siglare ma che, immagino, possano concretizzarsi in maniera naturale visto quella sorta di “riconoscenza” verso il Novara che avranno perché in un certo senso li abbiamo rilanciati. Ai quali aggiungiamo i vari Ranieri, Urso (buona guarigione), Tentoni, Ciancio (talvolta discutibile ma di fatto tra i più utilizzati), un Galuppini sul quale andrà comunque fatta una riflessione seria (il diritto di riscatto è nostro) e un Khailoti che, se non ce lo ruberanno, è sicuramente di alto profilo per la categoria. Oltre a Vuthay che almeno in un parco di 5-6 attaccanti ci può pure stare. Lavorando su questo gruppo, in un contesto magari meno folle e con un direttore sportivo coi controcoglioni (o aiutato da analoga figura consulenziale), non è vero che si è destinati a far male senza ingenti immissioni di liquidità. Certo, una grossa riflessione andrà comunque fatta su Marchionni, che al netto del problema contingente, qualche grossa lacuna la sta dimostrando.

Insomma, crisi finita? assolutamente no, ma non possiamo nemmeno essere ipocriti e non rilevare come in soli 7 giorni la nostra situazione sia diametralmente cambiata. Viviamo la giornata tifando Novara con in mano un bastone e in tasca una carota. Che tanto male evidentemente non fa.

Claudio Vannucci

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Eravamo quattro amici al bar

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Tendenzialmente tutti i Presidenti mi sono sempre stati sulle scatole, ma è un problema mio. I soli due cui ho realmente voluto bene sono stati Armani e Ferranti. Perché a Ferranti, nonostante tutto ciò successo quest’anno voglio davvero bene. Concordo con l’amico Mauro e i suoi messaggi che mi ha inviato a caldo, oggi il Pres non mi ha fatto incazzare e non mi ha nemmeno deluso più di tanto. Mi ha fatto quasi pena, nell’accezione più affettuosa possibile di questo termine. Ho visto un uomo distrutto, triste, che però ha perfettamente dato dimostrazione del perché le cose non vanno e su dove deve migliorare. E’ stata messa in scena quasi una drammatica opera teatrale, peraltro con aggravante di diretta, in cui tutti hanno potuto assistere ad una sorta di chiacchierata al bar tra amici, nella quale il Presidente, tra le altre cose, si prende le critiche,  questa volta dai giornalisti in sala, di ascoltare troppa gente, ma che in questa occasione sono stati gli stessi giornalisti a commettere lo stesso errore nel continuare a dirgli nuovamente e platealmente cosa fare: “riprendi Di Bari”. Questo è il primo aspetto che non va: a casa nostra c’è una visione distorta del concetto di provincialismo e di democrazia in base alla quale ognuno ha il diritto di dire la propria opinione e lui di sentirsi obbligato ad ascoltarla, perché “sono nuovo, devo imparare, ascolto tutti”. Lui deve smettere di chiedere consigli e ascoltare la chiunque, e la chiunque deve smetterla di continuare a dirgli cosa cazzo deve fare. Questo che dico non è fascismo ma è corretta gestione di una squadra di calcio. Al di là di oggi, nasce proprio da questo equivoco di base la maggior parte dei problemi, probabilmente (e non di poco conto) peggiorato poi dal fatto che evidentemente abbia dato retta più a chi era meglio si occupasse di altro.

Aggiungo, e carico ancora di più: oltre a volergli bene, gli riconosco la buona fede generale e quella di oggi nella sua volontà di raccontare a tutti a cuore aperto cosa è successo. Ma è stata una enorme cazzata, quanto meno in questi termini. Perché lo sfogo con 4 amici al bar, deve rimanere confinato ai 4 amici e al bar. Non può avvenire in una conferenza pubblica con diretta Facebook. A Galuppini, per esempio, del coglione glielo posso dare io che sono tifoso. Glielo può dare anche lui che è il datore di lavoro, ma il tutto deve accadere dentro uno spogliatoio, non appunto in “mondo visione”. Ora che Galuppini sa che è considerato un coglione pure da chi lo paga, e soprattutto sa che tutti noi sappiamo essere considerato da Ferranti un coglione,  qualcuno mi spiega come potrà tornarci utile alla causa da qui a fine aprile? Sperando che emerga in tutta la sua dirompente forza e ci faccia vincere le partite? Auguri  a noi.

Non so che altro dire. Dire che piove è riduttivo visto che domenica si farà fatica a schierare 11 giocatori di categoria. Continuare a chiedere di stare uniti mi pare una presa per il culo, perché più che venire a tifare che cazzo dovremmo fare di più? Andiamo a sparare a quelli del San Giuliano cosi non si presentano domenica? Diciamo che è tutto bello e che è meraviglioso e che pazienza anche se retrocederemo perché tanto ci sono cose peggiori nel mondo tipo le guerre, i terremoti o chi non ha altra via che affidarsi ad uno scafista? Diciamolo pure se fa piacere. Tanto qui dentro siamo solo 4 amici al bar e vale tutto. Ma, di questo passo, finiremo ad essere solo 4 amici allo stadio.. Ma complessivamente.

Claudio Vannucci

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“..e speriamo che tenga”

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Tutto il mondo è Paese. Il video virale del Presidente della Ternana che, coperto da insulti dal suo stadio, quasi scavalca per andare a picchiarsi coi tifosi imbufaliti è l’esempio che ovunque quando fai bene vieni lodato ma, alla prima occasione in cui le cose girano male, la Piazza non ti perdona nulla. Non lo so se lo pensa, ma mi sono immaginato Ferranti ieri sera dire lo stesso di noi, perché se è vero che quest’anno si è sbagliato tutto, è altresì vero che non gliene abbiamo perdonata mezza. Quello che non so se Ferranti ha però chiaro è che la nostra situazione di insoddisfazione nasce da molto prima di questa ultima estate, precisamente nasce in maniera molto forte dalla stagione 2017/2018 quando, dopo un anno drammatico che ha preso poi una piega ancora più brutta scavallato il 2018, si è arrivati ad una retrocessione diretta dalla quale poi è sostanzialmente iniziata la fine di MDS. In quell’anno ci si raccontava spesso come quella squadra non sarebbe mai potuta retrocedere visto la forza e i grossi investimenti fatti e alla fine invece retrocesse. Si ripartì da una serie C che sulla carta ci avrebbe dovuto vedere protagonisti, e con una campagna acquisti che, pur inferiore rispetto alla prima retrocessione dalla cadetteria, prometteva un campionato ai vertici: fu invece uno dei più apatici, deludenti e insignificanti mai visti, soprattutto in relazione alle aspettative. Si ripartì nuovamente, con un evidente ridimensionamento che pesò su un campionato non di altissimo profilo, interrotto dalla pandemia che ci catapultò direttamente ad un playoff surreale e strano, che ci ha illusi di poterci presentare protagonisti nella stagione successiva ma che invece, a stadi vuoti, ci portò verso la tragedia Rullo e successivamente Pavanati. Abbiamo respirato con l’avvento di Ferranti, nel quale sì abbiamo gioito per la promozione ma che ci ha in un certo senso “obbligati” tutti al compromesso di accettare una nuova realtà che ci è stata (fortunatamente) imposta come unica alternativa alla sparizione. Promossi in C, cosa per molti scontata, si è tornati ad una grave sofferenza , che evidentemente ha riaperto ferite aperte appunto dal 2017 che un anno da vincenti ma nei dilettanti non potevano certo guarire. Quindi, caro Pres, è possibile che non ti si sia perdonato nulla quest’anno, ma la nostra ferita è profonda, e necessita di tante attenzioni e soprattutto pazienza.

Necessita anche di rispetto. Perché purtroppo il rapporto Società e tifosi è impari, e quest’ultimi tendenzialmente hanno sempre ragione per due motivi: pagano per esserci (alcuni lo hanno fatto anche a livello penale e personale, non solo monetario) e ci sono e ci saranno a prescindere da società e giocatori. Proprio per questo, mi aspetto che il Sig Benalouane non metterà mai più piede nel nostro Stadio perché non si può e nemmeno deve permettere in Tribuna di urlare a tifosi frasi tipo “ma che cazzo vuoi???? devi stare zittoooooo devi stare zittoooo non parlareeee” primo perché nel gioco tra dare e avere è chiaramente in difetto visto che a Novara ha ottenuto molto più di quanto ha dato, e secondo perché certi tifosi seguono il Novara probabilmente da prima che lui nascesse e per questo deve solo stare zitto. Un calciatore con un curriculum come il suo dovrebbe sapere come ci si comporta e capire che a nessuno interessa il fatto che possa aver calcato palcoscenici superiori (o meglio Tribune superiori visto che è riuscito pure nell’impresa di non entrare nella storia del Leicester nell’anno magico, visto che non ha collezionato presenze significative) perché oggi è a Novara, e viene trattato come tutti. Ma soprattutto, non può funzionare che nessun esponente della Società lo abbia fermato e allontanato, ma anzi sia stato zitto nell’assistere ad una scena imbarazzante. Dietro a questo fatto si capisce perché è un anno andato a puttane: siamo pieni di gente che non hanno la minima idea del concetto di umiltà. Passiamo da chi si sente superiore perché ha giocato in Europa a chi ti rinfaccia che nessuno è come lui negli ultimi 3,5 anni. Con questo materiale umano puoi fare bene solo se davvero è più forte, cosa che evidentemente non è, ma se è chiamato a soffrire fa brutte figure. E infatti.

Continuo a ritenere poco probabile un reale coinvolgimento nei playout, ma è evidente che non si riesce a capire cosa possa cambiare e scattare nella testa dei giocatori per invertire questa drammatica tendenza. Citando il filosofo Sartorio, “domenica a Seregno è una partita da mettersi un dito nel culo, e speriamo che tenga”, perché se si perdesse davvero tornerebbe lo spettro della stagione 2017/2018 dal quale è nato tutto. Stagione che è evidente presenta clamorose analogie con quella attuale. Lo stesso Marchionni, che magari è il meno colpevole, è riuscito nell’impresa di trasformare da apatica in drammatica una stagione che avrebbe solo potuto e dovuto gestire come intermezzo alla prossima. Ora siamo qui che ci stiamo semplicemente cagando addosso perché se si perde contro il San Giuliano finiamo ai playout, e ci dobbiamo ancora sorbire quella patetica scena del cerchio a centrocampo a fine partita e qualcuno in tribuna che zittisce i tifosi.  “…speriamo che tenga” è il mantra da adesso a fine anno. Non benissimo.

Claudio Vannucci

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