Rimaniamo in contatto

Editoriale

Siamo solo di passaggio

Published

on

Riflettevamo una di queste mattine in auto io e il Prof. Sartorio di come è buffo il fatto che per mesi, forse anni, abbiamo reputato credibile l’affermazione “non c’è poi così tanta differenza tra serie C e serie B” , facendola nostra in una marea di discussioni da bar e circoli filosofici (tipo le adiacenze del Piazzano nei giorni di partita) cui il Professore ed io siamo abituati a frequentare, per poi trovarci sgomentati nel realizzare, dopo solo due partite (due per noi, cinque per gli altri), le enormi differenze tra queste due categorie. Differenze non solo dal punto di vista tecnico, dove per 4-5 squadre complessive in 3 gironi che effettivamente potrebbero essere simili ad altrettante di fascia bassa di categoria superiore, ve ne sono a grappoli costruite da onesti scarponi che scendono in campo in stadi inguardabili, più o meno adeguati qui e là con qualche struttura in tubi completamente avulsa dal contesto architettonico in cui si posiziona. Ma soprattutto differenze enormi dal punto di vista organizzativo che, in effetti, non sempre vengono percepite agli occhi di chi non vive la serie C; differenze nascoste proprio grazie alla bravura di Gravina, abile nell’aver confezionato un prodotto simpatico e credibile, con tanto di piattaforma dedicata, playoff accattivanti e messaggio trasmesso sulla genuinità di  un calcio positivo, quasi di altri tempi, che nascondono però alla massa le enormi magagne e pecche che questa categoria sta evidenziando. Se la filosofia di Gravina in FIGC sarà la stessa, prepariamoci tutti ad una massiccia operazione di fumo negli occhi nella popolazione volta a far sembrare più bello di quello che è un prodotto  in realtà parecchio scadente, che magari ci sembrerà pure tornato bello.

Carrarese Novara è l’emblema di queste magagne e pecche di cui ho appena fatto riferimento, non solo per il fatto di disputarsi a porte chiuse, ma soprattutto per questo infinito travaglio che ha portato ad ufficializzare la chiusura al pubblico solo nella tarda serata di venerdì, peraltro dopo una conferma di modifica orario. E la colpa di questa lega è stata proprio quella di permettere un’ufficializzazione così tardiva rispetto al buon senso e ad una normale scadenza temporale che è lecito immaginare essere non più tardi del lunedì precedente all’incontro, anche solo per rispetto di chi aveva già prenotato bus e pullmini per raggiungere da Novara quella città. La serie C, diciamolo forte, non è quindi solo il calcio di provincia, di quelli non montati, di quelli che non hanno soldi, di quelli romantici, ma è anche e soprattutto il calcio della viva al parroco, dove alla vigilia dell’inizio di campionato una Viterbese di turno decide che il girone A per loro fosse meglio dal punto di vista delle casse societarie e quindi minaccia di non giocare. E invece di escluderli dal campionato, come sarebbe successo in qualsiasi parte del mondo, gli danno ragione e attendono l’Entella che la riammettano in B per poterli emigrare nel girone del Nord. Perché sappiamo tutti Cuneo e Viterbo quanto sono vicine no? La serie C, di conseguenza, è il calcio dove non sai in che città, a che ora e in che condizioni si svolgerà una partita fino a quando la stessa non è stata giocata. Ma tutto questo, il buon Gravina, l’ha sempre sapientemente nascosto.

Tornando a Carrarese Novara, è difficile prendere posizione non sapendo bene le vicende di Carrara. Per tutta settimana ho letto da Novara (e io stesso ho detto) frasi tipo “è una vergogna, chi non ha uno stadio non dovrebbe partecipare al campionato.” che però è lo stesso concetto ribadito anni fa dal nostro odiato Lotito, e che in quella occasione fu massacrato proprio dall’opinione pubblica novarese. La verità è che quando si è in una situazione di forza, o se volete di privilegio, si tende a guardare la faccenda dal punto di vista a favore, senza inquadrarla nel complesso. Noi siamo diventati la tifoseria che il giorno dopo la promozione in A ha dato in un certo senso per scontato che MDS e il Comune si mettessero al lavoro per aumentare di 10.000 unità la capienza in tempo utile. O che nemmeno si è posta il problema che il Sindaco questa estate trovasse 500.000 euro (la vecchia miliardata) per adeguare il Piola all’ennesima stronzata di normativa partorita a Roma. Perché viviamo in un’era in cui, almeno da questo punto di vista, a Novara abbiamo il culo al caldo e un pasto sempre nel piatto. Ma altrove non è sempre così. A Carrara apprendo che sono in guerra col loro Sindaco, colpevole a loro detta di non aver firmato la deroga per una capienza almeno limitata, la stessa deroga che lo scorso anno il nostro Sindaco non firmò alla vigilia del derby di Hockey spostato poi al Palaverdi. Il fatto è che, se i termini sono gli stessi della vicenda Hochey a Novara, se il Sindaco avesse firmato sarebbe stato indagato immediatamente, e qualora anche solo un tifoso fosse accidentalmente inciampato, lo stesso Sindaco avrebbe avuto una grana di dimensioni colossali. Io non avrei firmato, voi pensatela come vi pare.

Rimane però il fatto che la problematica dello stadio di Carrara non è certamente emersa ora, ma sicuramente era cosa nota anche prima dell’inizio del campionato. Ed è proprio su questo aspetto che la serie C avrebbe dovuto agire preventivamente. Se non escludendo la squadra, obbligandola (come in realtà a fatto) a trovare una sede alternativa che però avrebbe dovuto garantire il regolare svolgimento per tutte le partite. Il “non abbiamo trovato uno stadio disponibile in tutta la Toscana” pronunciato dalla Società questa settimana è un’argomentazione che non può essere accettata in una categoria considerata ancora professionistica, e la soluzione all’Italiana “si gioca a Carrara ma a porte chiuse, se succede altre due volte siete fuori” fa sinceramente ridere.

Detto questo, se è vero che tre indizi fanno una prova, la partita di oggi riveste un’importanza incredibile per il nostro Novara. Dopo la prova di forza in casa del Piacenza subito dopo la partita steccata con la Juve, siamo attesi oggi ad una prova che davvero potrebbe segnare il nostro cammino futuro. Tornare a casa con tre punti e, soprattutto, dando l’impressione di essere più forti di una formazione considerata tra le più attrezzate della categoria, sarebbe un grossissimo messaggio che il Novara  lancerebbe a questo campionato. Il messaggio è “perdonate il disagio, siamo solo di passaggio”. Lo dimostra la nostra storia recente, la nostra organizzazione societaria, la forza della nostra proprietà. Ora tocca ai giocatori fare il loro, e confermare sul campo di essere davvero i più forti per portarci ad ottenere quello che tutti vogliamo: levarci dai coglioni da questa categoria. Forza Novara, torniamo da Carrara con questa convinzione.

Claudio Vannucci

Fondatore dei Blog Novara Siamo Noi e Rettilineo Tribuna, Vice Presidente del Coordinamento Cuore Azzurro e fraterno amico di chiunque al mondo consideri lo stadio la sua seconda casa. O addirittura la prima. Editorialista estremista, gattaro.

Continua a leggere
Clicca per commentare

Lascia un commento

Editoriale

Una storia di contingenza e progettualità

Published

on

By

La contingenza è quella situazione o circostanza per cui sei chiamato a far fronte ad uno o più specifici problemi che hanno totalmente alterato quella condizione di normalità, o di standard,  cui si era predisposti ad affrontare. In tal senso, l’era Marchionni 2.0 è stata, e lo è ancora, oggettivamente caratterizzata dal dover far fronte a situazioni paradossali. Faccio un esempio: in almeno due partite ci si è trovati nella situazione di aver seria difficoltà a schierare 11 giocatori di categoria, per non parlare poi del tema sostituzioni in corso d’opera per le quali, se credenti, la sola cosa da fare era il farsi un segno della croce. In quel momento era crollato pure l’ambiente, da taluni visto come concausa dei problemi del Novara FC, che ha certamente reso più difficile il compito dell’allenatore. Ecco, mi permetto però di far notare come in un certo senso quel moto di orgoglio visto nelle due ultime vittorie consecutive sia casualmente proprio coinciso con due precisi interventi: “contestazione” della curva e del pubblico (la parola contestazione è volutamente tra virgolette perché molti che parlano di contestazione forse non sanno altrove a che livello della stessa si può arrivare, ma vabbè) e conferenza stampa del Pres, da me criticata e che ancora oggi considero concettualmente fuori luogo, durante la quale ha sostanzialmente “contestato” pure lui tutta la sua squadra. Con questo voglio dire, anzi, mi rivolgo apertamente a chi tutte le volte che la tifoseria alza i toni tende a far partire una stucchevole difesa di ufficio basata su un concetto tutto particolare di tifo in base al quale debba sempre andare tutto bene, che talvolta è proprio toccando nell’orgoglio un gruppo apparentemente demotivato e stanco che si possono trovare quegli stimoli di rivalsa. E questo è proprio uno dei motivi per cui, più si alza l’asticella tecnica, e più il contesto, nel bene e nel male, fa la differenza. Non è un caso che, certe piazze con poco tifo, quando vincolo lo fanno solo perché trovano l’annata in cui sono davvero più forti di tutti, ma altrimenti, pur in un contesto di stagione assolutamente positiva, arrivano al bello e perdono anche perché le motivazioni alla lunga scemano e la pressione può fare la differenza. Quando è sempre tutto un paradiso, quando sia che si vinca o si perda “ma chissenefrega, sono bravi ragazzi e gli vogliamo bene”, alla lunga scatta qualcosa per cui anche tra i giocatori “ma chissenefrega è andata cosi, pazienza”. E per chi non crede a quanto dico, sappiate che lo faccio sulla base di innumerevoli testimonianze ricevute da tanti giocatori cui negli anni ho avuto il piacere di chiacchierare. I calciatori sono così, ognuno poi si alimenta le proprie amicizie, ma fondamentalmente sono ragazzi e come tali vanno gestiti col bastone e con la carota. Solo che è quando li gestisci col bastone che capisci realmente chi ha la stoffa e vuole reagire ma anche chi, tra la piazza, probabilmente non ce l’ha e gli va bene sempre tutto. San Giuliano e la Juve di ieri sono state due squadre scarse, o meglio grame grame, ma quante altre volte abbiamo perso contro altrettante squadre penose? Quindi merito ai nostri giocatori ma anche chi tra la tifoseria ha saputo evidentemente toccare le corde giuste.

E poi c’è la progettualità futura, che a meta marzo dovrebbe già essere tema di primaria importanza. In un recentissimo incontro tra Ferranti e la tifoseria organizzata, a mia precisa domanda circa il futuro ha risposto così: “3 scenari. 1 rimango io ma con budget molto limitato stile Alessandria questa stagione, 2 entrano due Soci (ovviamente non novaresi), 3 vendo”. Tralasciamo l’opzione 3 che mi pare irreale o comunque una storia ancora tutta da scrivere, e tralasciando anche  lo scenario 2 per il quale è evidente che arriverebbero ingenti investimenti, ad oggi lo scenario 1 è il più credibile ed attuale sul quale ragionare. A caldo ammetto di essermi fatto un po’ prendere dallo sconforto, ma poi ragionandoci su ho capito che Ferranti va sempre letto con ausilio della pagina 777 del televideo e poi messo su Google Translate, perché dice una cosa ma nella sua testa magari pensa altro. Infatti un conto sarebbe stato quello di partire da zero con budget come quello dell’Alessandria, e un altro quello di partire con una base di rosa intervenendo sulle caselle mancanti. Al netto della delusione attuale e dell’ambizione di ognuno di noi, ad oggi abbiamo una serie di giocatori che ragionevolmente faranno parte o potranno far parte del futuro, e tra questi inserisco per esempio figure come Pelagotti, Illanes, Margiotta e Varone i cui contratti saranno tutti da siglare ma che, immagino, possano concretizzarsi in maniera naturale visto quella sorta di “riconoscenza” verso il Novara che avranno perché in un certo senso li abbiamo rilanciati. Ai quali aggiungiamo i vari Ranieri, Urso (buona guarigione), Tentoni, Ciancio (talvolta discutibile ma di fatto tra i più utilizzati), un Galuppini sul quale andrà comunque fatta una riflessione seria (il diritto di riscatto è nostro) e un Khailoti che, se non ce lo ruberanno, è sicuramente di alto profilo per la categoria. Oltre a Vuthay che almeno in un parco di 5-6 attaccanti ci può pure stare. Lavorando su questo gruppo, in un contesto magari meno folle e con un direttore sportivo coi controcoglioni (o aiutato da analoga figura consulenziale), non è vero che si è destinati a far male senza ingenti immissioni di liquidità. Certo, una grossa riflessione andrà comunque fatta su Marchionni, che al netto del problema contingente, qualche grossa lacuna la sta dimostrando.

Insomma, crisi finita? assolutamente no, ma non possiamo nemmeno essere ipocriti e non rilevare come in soli 7 giorni la nostra situazione sia diametralmente cambiata. Viviamo la giornata tifando Novara con in mano un bastone e in tasca una carota. Che tanto male evidentemente non fa.

Claudio Vannucci

Continua a leggere

Editoriale

Eravamo quattro amici al bar

Published

on

By

Tendenzialmente tutti i Presidenti mi sono sempre stati sulle scatole, ma è un problema mio. I soli due cui ho realmente voluto bene sono stati Armani e Ferranti. Perché a Ferranti, nonostante tutto ciò successo quest’anno voglio davvero bene. Concordo con l’amico Mauro e i suoi messaggi che mi ha inviato a caldo, oggi il Pres non mi ha fatto incazzare e non mi ha nemmeno deluso più di tanto. Mi ha fatto quasi pena, nell’accezione più affettuosa possibile di questo termine. Ho visto un uomo distrutto, triste, che però ha perfettamente dato dimostrazione del perché le cose non vanno e su dove deve migliorare. E’ stata messa in scena quasi una drammatica opera teatrale, peraltro con aggravante di diretta, in cui tutti hanno potuto assistere ad una sorta di chiacchierata al bar tra amici, nella quale il Presidente, tra le altre cose, si prende le critiche,  questa volta dai giornalisti in sala, di ascoltare troppa gente, ma che in questa occasione sono stati gli stessi giornalisti a commettere lo stesso errore nel continuare a dirgli nuovamente e platealmente cosa fare: “riprendi Di Bari”. Questo è il primo aspetto che non va: a casa nostra c’è una visione distorta del concetto di provincialismo e di democrazia in base alla quale ognuno ha il diritto di dire la propria opinione e lui di sentirsi obbligato ad ascoltarla, perché “sono nuovo, devo imparare, ascolto tutti”. Lui deve smettere di chiedere consigli e ascoltare la chiunque, e la chiunque deve smetterla di continuare a dirgli cosa cazzo deve fare. Questo che dico non è fascismo ma è corretta gestione di una squadra di calcio. Al di là di oggi, nasce proprio da questo equivoco di base la maggior parte dei problemi, probabilmente (e non di poco conto) peggiorato poi dal fatto che evidentemente abbia dato retta più a chi era meglio si occupasse di altro.

Aggiungo, e carico ancora di più: oltre a volergli bene, gli riconosco la buona fede generale e quella di oggi nella sua volontà di raccontare a tutti a cuore aperto cosa è successo. Ma è stata una enorme cazzata, quanto meno in questi termini. Perché lo sfogo con 4 amici al bar, deve rimanere confinato ai 4 amici e al bar. Non può avvenire in una conferenza pubblica con diretta Facebook. A Galuppini, per esempio, del coglione glielo posso dare io che sono tifoso. Glielo può dare anche lui che è il datore di lavoro, ma il tutto deve accadere dentro uno spogliatoio, non appunto in “mondo visione”. Ora che Galuppini sa che è considerato un coglione pure da chi lo paga, e soprattutto sa che tutti noi sappiamo essere considerato da Ferranti un coglione,  qualcuno mi spiega come potrà tornarci utile alla causa da qui a fine aprile? Sperando che emerga in tutta la sua dirompente forza e ci faccia vincere le partite? Auguri  a noi.

Non so che altro dire. Dire che piove è riduttivo visto che domenica si farà fatica a schierare 11 giocatori di categoria. Continuare a chiedere di stare uniti mi pare una presa per il culo, perché più che venire a tifare che cazzo dovremmo fare di più? Andiamo a sparare a quelli del San Giuliano cosi non si presentano domenica? Diciamo che è tutto bello e che è meraviglioso e che pazienza anche se retrocederemo perché tanto ci sono cose peggiori nel mondo tipo le guerre, i terremoti o chi non ha altra via che affidarsi ad uno scafista? Diciamolo pure se fa piacere. Tanto qui dentro siamo solo 4 amici al bar e vale tutto. Ma, di questo passo, finiremo ad essere solo 4 amici allo stadio.. Ma complessivamente.

Claudio Vannucci

Continua a leggere

Editoriale

“..e speriamo che tenga”

Published

on

By

Tutto il mondo è Paese. Il video virale del Presidente della Ternana che, coperto da insulti dal suo stadio, quasi scavalca per andare a picchiarsi coi tifosi imbufaliti è l’esempio che ovunque quando fai bene vieni lodato ma, alla prima occasione in cui le cose girano male, la Piazza non ti perdona nulla. Non lo so se lo pensa, ma mi sono immaginato Ferranti ieri sera dire lo stesso di noi, perché se è vero che quest’anno si è sbagliato tutto, è altresì vero che non gliene abbiamo perdonata mezza. Quello che non so se Ferranti ha però chiaro è che la nostra situazione di insoddisfazione nasce da molto prima di questa ultima estate, precisamente nasce in maniera molto forte dalla stagione 2017/2018 quando, dopo un anno drammatico che ha preso poi una piega ancora più brutta scavallato il 2018, si è arrivati ad una retrocessione diretta dalla quale poi è sostanzialmente iniziata la fine di MDS. In quell’anno ci si raccontava spesso come quella squadra non sarebbe mai potuta retrocedere visto la forza e i grossi investimenti fatti e alla fine invece retrocesse. Si ripartì da una serie C che sulla carta ci avrebbe dovuto vedere protagonisti, e con una campagna acquisti che, pur inferiore rispetto alla prima retrocessione dalla cadetteria, prometteva un campionato ai vertici: fu invece uno dei più apatici, deludenti e insignificanti mai visti, soprattutto in relazione alle aspettative. Si ripartì nuovamente, con un evidente ridimensionamento che pesò su un campionato non di altissimo profilo, interrotto dalla pandemia che ci catapultò direttamente ad un playoff surreale e strano, che ci ha illusi di poterci presentare protagonisti nella stagione successiva ma che invece, a stadi vuoti, ci portò verso la tragedia Rullo e successivamente Pavanati. Abbiamo respirato con l’avvento di Ferranti, nel quale sì abbiamo gioito per la promozione ma che ci ha in un certo senso “obbligati” tutti al compromesso di accettare una nuova realtà che ci è stata (fortunatamente) imposta come unica alternativa alla sparizione. Promossi in C, cosa per molti scontata, si è tornati ad una grave sofferenza , che evidentemente ha riaperto ferite aperte appunto dal 2017 che un anno da vincenti ma nei dilettanti non potevano certo guarire. Quindi, caro Pres, è possibile che non ti si sia perdonato nulla quest’anno, ma la nostra ferita è profonda, e necessita di tante attenzioni e soprattutto pazienza.

Necessita anche di rispetto. Perché purtroppo il rapporto Società e tifosi è impari, e quest’ultimi tendenzialmente hanno sempre ragione per due motivi: pagano per esserci (alcuni lo hanno fatto anche a livello penale e personale, non solo monetario) e ci sono e ci saranno a prescindere da società e giocatori. Proprio per questo, mi aspetto che il Sig Benalouane non metterà mai più piede nel nostro Stadio perché non si può e nemmeno deve permettere in Tribuna di urlare a tifosi frasi tipo “ma che cazzo vuoi???? devi stare zittoooooo devi stare zittoooo non parlareeee” primo perché nel gioco tra dare e avere è chiaramente in difetto visto che a Novara ha ottenuto molto più di quanto ha dato, e secondo perché certi tifosi seguono il Novara probabilmente da prima che lui nascesse e per questo deve solo stare zitto. Un calciatore con un curriculum come il suo dovrebbe sapere come ci si comporta e capire che a nessuno interessa il fatto che possa aver calcato palcoscenici superiori (o meglio Tribune superiori visto che è riuscito pure nell’impresa di non entrare nella storia del Leicester nell’anno magico, visto che non ha collezionato presenze significative) perché oggi è a Novara, e viene trattato come tutti. Ma soprattutto, non può funzionare che nessun esponente della Società lo abbia fermato e allontanato, ma anzi sia stato zitto nell’assistere ad una scena imbarazzante. Dietro a questo fatto si capisce perché è un anno andato a puttane: siamo pieni di gente che non hanno la minima idea del concetto di umiltà. Passiamo da chi si sente superiore perché ha giocato in Europa a chi ti rinfaccia che nessuno è come lui negli ultimi 3,5 anni. Con questo materiale umano puoi fare bene solo se davvero è più forte, cosa che evidentemente non è, ma se è chiamato a soffrire fa brutte figure. E infatti.

Continuo a ritenere poco probabile un reale coinvolgimento nei playout, ma è evidente che non si riesce a capire cosa possa cambiare e scattare nella testa dei giocatori per invertire questa drammatica tendenza. Citando il filosofo Sartorio, “domenica a Seregno è una partita da mettersi un dito nel culo, e speriamo che tenga”, perché se si perdesse davvero tornerebbe lo spettro della stagione 2017/2018 dal quale è nato tutto. Stagione che è evidente presenta clamorose analogie con quella attuale. Lo stesso Marchionni, che magari è il meno colpevole, è riuscito nell’impresa di trasformare da apatica in drammatica una stagione che avrebbe solo potuto e dovuto gestire come intermezzo alla prossima. Ora siamo qui che ci stiamo semplicemente cagando addosso perché se si perde contro il San Giuliano finiamo ai playout, e ci dobbiamo ancora sorbire quella patetica scena del cerchio a centrocampo a fine partita e qualcuno in tribuna che zittisce i tifosi.  “…speriamo che tenga” è il mantra da adesso a fine anno. Non benissimo.

Claudio Vannucci

Continua a leggere

NSN on Facebook

Facebook Pagelike Widget

Telegram

Ultimi Articoli

Copyright © 2017 Zox News Theme. Theme by MVP Themes, powered by WordPress.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: