Pensieri e parole
Attenti a quei due
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5 anni faon
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Nonnopipo
Tanti sono i personaggi che questa estate hanno calcato il palcoscenico su cui sta tuttora andando in scena la commedia dal titolo “En attendant Ripescage”, la cui scenografia pare essere tratta direttamente dall’ opera di Samuel Beket quale sommo esempio di dramma dell’incomunicabilità, nonché associato al teatro dell’ assurdo.
A parte qualche pisciata fuori dal vaso, tipo quella ultima spillata dal presidente della Ternana, squallida nella forma e nel contenuto come la città da lui rappresentata calcisticamente, ebbene due di questi personaggetti, come di solito su questo blog vengono chiamati in causa dal mio amico Ciumi, coloro che di viltà si son macchiati, in particolare, stanno assumendo per la loro arroganza antipatia e insipienza, il ruolo di protagonisti indiscussi. Può essere che poi nel privato siano anche brave persone, e i familiari vogliono loro anche bene, ma per le cariche da loro ricoperte, per la disinvolta sicumera sin qui mostrata e il cinismo con cui confezionano piatti con cibi avariati ormai prossimi alla marcescenza, io non posso che considerarli così:
Roberto Fabbricini.
Da uno con la faccia infarinata da garzone del panettiere, a cui manca in testa il cappellino di carta a forma di barchetta, non puoi pretendere che tutte le ciambelle riescano con il buco.
“Maestro dello Sport”, questo il titolo da lui ottenuto frequentando la “Scuola Centrale dello Sport” istituita dal CONI nel 1966 con l’intento di creare una nuova élite di istruttori. Fu presa d’assalto dai più grandi paraculi in cerca di un posto sicuro.
Fino al 1975, anno di chiusura, diplomò ben 231 “Maestri” tra i quali il nostro faccia da panettiere, che furono tutti e sottolineo tutti, inseriti nell’organico del CONI stesso … insomma, gente che non sarebbe mai riuscita ad imporsi in nessuna disciplina sportiva, passava in qualche modo a dirigerla, praticamente una manica di feroci raccomandati fancazzisti seriali.
Fabbricini Roberto; uno che intervistato da “Radio anch’io sport” su Radio Rai Uno il 20 di agosto scorso, alla domanda se fosse stato opportuno o meno giocare dopo il tragico crollo del ponte Morandi a Genova, rispondeva con nonchalance : “…credo che il fatto di fermarsi sia una questione più individuale (?), potevamo pensare a un fermo, ma il vero lutto personale dovrebbe essere stato per tutti, dal karaoke alle sagre paesane, non solo al calcio che fa parte delle domeniche degli italiani”
Robe da matti, mai risposta più gonfia di superficiale fatalismo generalista e ipocrita avrebbe potuto fiorire dalla bocca di un dirigente se pur commissariale; ma brutto coglione che non sei altro, allora il calcio dovrebbe fermarsi solo dopo aver avuto la certezza che la sagra dell’ agnello alla callara e la festa della birra cruda non si sarebbero svolte? Ma va da via ‘l cü!!
Ecco a chi quell’altra faccia di culo, il cui cognome è il risultato della coniugazione alla terza persona singolare al passato remoto del verbo “malagare”, ha affidato la reggenza temporanea del calcio italiano nel post Tavecchio, il quale in confronto al “viso pallido infarinato” almeno le banane aveva il buon cuore di donarle a Opti Poba e non infilarle in quel posto a chi crede nelle regole e nelle istituzioni.
Peggio di così c’è solo Cellino che copula con Lotito.
P.S. Si porgono sentite scuse alla categoria dei panificatori per l’incauto accostamento di cui sopra.
Balata Mauro.
55enne dirigente sportivo italiano dalla faccia anonima quanto un annuncio mortuario privo del nome del defunto.
Ricopre la dis-carica di Presidente della Lega Nazionale serie B dal 2017.
Laureato in sper-giurisprudenza divenne successivamente un autorevole avvocato “cazzazionista”.
Membro (nella più logica delle accezioni a lui attribuibili) di numerosi comitati, da quello del “consiglio pastorale per la reintroduzione della Santa messa in latino” al “comitato di protezione e tutela del bambino ricco”, è anche docente presso la famosissima scuola forense “Vittorio Emanuele Orlando (questa carica è vera, eh!).
Perennemente in cerca di cariche, pubbliche o private non fa differenza, da ricoprire, riesce sempre a trovare qualche cadrega su cui poggiare il culo (o la faccia che per lui è la stessa cosa), anche se ultimamente pare non accontentarsi più della sedia ma pretende almeno una poltrona costruita dagli artigiani della qualità di “poltrone e sofà”. È sempre alla ricerca di novità da apportare ai format, anche i più banali, tipo il regolamento del condominio di cui guarda caso è presidente. Intanto ha portato i piani del palazzo in cui dimora da 22 a 19 e, essendo ossessionato dai numeri pari che detesta, ha preteso il cambiamento del numero civico dello stabile cambiando il 66 con il 99, trasferendosi recentemente dal diciottesimo piano al diciannovesimo.
La sua abilità nello scovare una carica da ricoprire è pari a quella che possiede un cane da tartufo nel trovare il “pico magnum d’Alba”, ed è proprio grazie a questa dote che dal 2004 al 2008 ha occupato il divano ( la poltrona non era più sufficiente) di Presidente della Commissione Procuratori della Federazione Italiana Pallacanestro (vera anche questa).
Fiero difensore delle regole, come lui stesso ama definirsi, ha portato una ventata di novità nel format della serie B da lui stesso presieduta.
Gira voce che avrebbe voluto per l’inizio di questo campionato di serie B dividere le squadre in due gironi secondo l’ordine alfabetico, poi qualcuno gli ha fatto notare che 19 non è divisibile per 2.
In confronto a lui Abodi meritava la beatificazione.
Nonnopipo
Novara perchè è la mia città, il Novara calcio perchè è la squadra della mia città, il dialetto perchè se il futuro è una porta il passato è la chiave per aprirla. Forsa Nuara tüta la vita.

Scelti per te

Un fortissimo abbraccio a Roberto Cevoli con auguri di pronta guarigione. Nella storia del Novara Roberto non entrerà per i risultati ma sulla sua onestà e dedizione non si può eccepire nulla. Pacato e mai sopra le righe si è trovato a dover gestire una situazione difficile suo malgrado e come spesso accade nel calcio si sono riversate su di lui tutte le colpe. Probabilmente ha commesso qualche errore ma non era certo il colpevole assoluto. Persona piacevole con cui interloquire e discutere senza dover alzare mai i toni.
Un grandissimo in bocca al lupo dai tifosi azzurri per poter tornare ad una vita serena in cui tu possa sederti su una panchina probabilmente da avversario ma con tutto il nostro rispetto.
Siviersson

Pavanati e De Salvo sono falliti. Non riesco ancora a prenderla come una buona notizia, anzi rabbia e indignazione sono ancora predominanti per una vicenda truffaldina che ci ha privato della storia del nostro Novara Calcio 1908.
Ora per lo meno la strada è tracciata: Pavanati e De Salvo sono falliti, dovranno probabilmente rispondere di bancarotta fraudolenta e sinceramente spero che la giustizia una volta tanto, vada fino in fondo facendogli pagare fino all’ultimo centesimo.
L’iter fallimentare prevede che tutti i beni materiali della società (Coppe, Trofei, Maglie Storiche e tutti i cimeli del Novara Calcio 1908) dovranno essere messi all’asta per risarcire i creditori.
E questo è il primo punto: bisogna evitare che un privato o un collezionista se ne impossessi. Le associazioni ed i club vicini al Novara Calcio, penso al Coordinamento e ai Fedelissimi ma anche al Panathlon Club Novara attuale con Presidente Carlo Accornero oppure lo stesso Comune di Novara devono recuperare tutto questo patrimonio e restituirlo alla città. Passeranno parecchi mesi prima dell’asta fallimentare ma sarebbe utile cominciare a pensarci ed organizzarci.
Il secondo punto è la restituzione del titolo sportivo alla società che in questo momento rappresenta il calcio a Novara. Può sembrare un banale capriccio sentimentale ma in realtà è l’unico modo per restituire la Storia del Novara Calcio ai suoi tifosi. Insisto e ripeto l’esempio più banale: festeggiare il record di gol realizzati da Gonzalez è un’ipocrisia che tale rimarrà finché il titolo sportivo del Novara Calcio 1908 non verrà assegnato al FC Novara.
L’art. 52, 2° comma, delle N.O.I.F. è chiaro “il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del presidente della F.I.G.C.” ma perché questo avvenga qualcuno con le carte in regola deve richiederlo e l’unico ad averle è il FC Novara.
Non ho mai sentito Ferranti esporsi su questo argomento forse perché attendeva la sentenza di fallimento definitiva. Adesso è arrivato il momento di far sapere le sue intenzioni. Questa sarà la sua partita più importante, l’unica veramente da vincere e così finalmente capiremo se sta diventando un “nuares” o viceversa se al di la di tante parole il FC Novara è soltanto un bel passatempo.
Vinci per noi Massimo Ferranti!

La parola “amore” può essere riferita talmente a tante cose e situazioni, che è impossibile definirne in modo compiuto un significato generale, ed è possibile spiegarla solo osservandone i vari aspetti che la caratterizzano nelle situazioni specifiche a cui la si può associare.
E queste situazioni non sempre sono determinate dai classici rapporti umani nei quali si stabiliscono relazioni che convenzionalmente definiamo amorose. A volte sono passioni di diverso genere, verso cose, attivitá spesso di lavoro, insomma ogni cosa che fa riferimento a tutto lo scibile possibile e immaginabile.
Eppure in molti casi si determina un rapporto amoroso che risulta più intenso e duraturo di quello che si può stabilire in una relazione di coppia.
Esiste, per esempio, un amore che spesso nasce nel periodo in cui si accendono quei rapporti che dureranno tutta la vita, ovvero l’infanzia, dove sará pressocché impossibile successivamente abbandonarlo e che ti seguirá fedelmente per tutta la vita: l’amore per il calcio.
Questo sentimento nasce, appunto, solitamente da piccoli, quando è più facile dare fuoco alle fantasie create dalla purezza d’ animo che accompagna, mano nella mano, i sogni che più avanti si trasformeranno in speranze: scatta la scintilla e si viene assaliti da una irresistibile voglia di emulare le gesta e le imprese dei giocatori della tua squadra del cuore e di provare a diventare come loro; ed è così, proprio con queste motivazioni e queste aspettative che si inizia a giocare a calcio, magari in una squadretta di periferia, non prima di aver calcato ogni tipo di terreno improvvisato.
Ma inevitabilmente quando si cresce, questa sensazione diventa ancor più forte, fino ad assumere i tratti della dipendenza, come una droga, davanti alla quale assume i tratti di un’impresa titanica dovervi rinunciare.
Ma se risulta sacrosanto fuggire dalle droghe che creano dipendenza e provocano danni inimmaginabili, dalla dipendenza dal calcio, sarebbe buona cosa non fuggire, anzi, favorire l’introduzione di un ragazzo a questa disciplina di carattere sportivo significherebbe offrire a lui una importante opportunitá di crescita.
Più importante peró sarebbe che i genitori non pretendessero di avere dopo pochi mesi, un piccolo futuro campione in casa, somigliando a quei tifosi che si convincono di avere nella rosa della propria squadra campioni da cui pretendere sempre prestazioni di alto livello.
Da questa esperienza si possono imparare tante cose come l’importanza del gioco di squadra e la imprescindibilità del reciproco sostegno nonché aiuto, e che da questa universale disciplina, a patto che si rispettino i criteri fondamentali di rispetto e lealtà nei confronti dell’avversario, si possono provare tutte quelle gioie che tutti conosciamo avendole almeno una volta provate, come vincere un torneo o una coppa, magari segnare un gol decisivo e subito trovarsi a celebrare, attraverso un abbraccio collettivo, uno di quei momenti che per sempre resteranno impressi.
Quanto sopra rappresenta il top delle emozioni, ma esistono altresi anche quelle piccole soddisfazioni quotidiane come i miglioramenti e progressi tangibili che in allenamento si possono percepire come conquiste di cui essere orgogliosi che segnalano inequivocabilmente la qualità del lavoro svolto con passione.
Bisogna però mantenere un certo equilibrio e non temere di esibire un buon livello di onestà intellettuale nel parlare di queste cose, quindi si deve sottolineare che, come dice il proverbio, non sono tutte rose e fiori, e chiarire subito che dal calcio le emozioni che si possono provare non sono solo quelle positive, anzi sono statisticamente più frequenti quelle negative, basti pensare alla recente e bruciante eliminazione dai mondiali della nostra Nazionale come esempio macroscopico.
Comunque, nonostante questi alti e bassi, il calcio entra nella vita e nell’essere di chi lo pratica, così profondamente al punto che risulta essere poi molto difficile, se non addirittura quasi impossibile, sostituire con altra materia sportiva, o dimenticare, forse anche da accantonare temporaneamente.
Non credo di sbagliare nell’affermare che per molti il calcio viene considerato più che uno sport, più che uno sfogo psicofisico, addirittura come una seconda vita.
Mi è capitato di dover difendere la mia personalissima posizione dall’attacco di chi giudica sciocco e infantile innamorarsi di uno sport il cui scopo sia quello di correre appresso una palla, e come sia possibile spendere così tanti soldi e tempo per seguire allo stadio la propria squadra, addirittura accompagnandola in trasferta.
È propabile che sia superfluo tentare una risposta, quasi certo che qualunque sia la controteoria esposta, sarà pressocché impossibile fare breccia nel qualunquismo dal quale nascono queste affermazioni.
Mai potrà capire e fare propria la gioia che si prova quando la tua squadra vince, o più ancora quando ciò avviene grazie a un gol spettacolare o anche attraverso il classico gollonzo, chi ti formula queste accuse lui si, probabilmente, è uno di quelli che è nato e vive in perenne fuorigioco!!
Per non parlare poi dell’adrenalina e della tensione tributate all’attesa di una partita importante della tua squadra, anche se tutte le partite sono importanti!
Penso che gli amanti del calcio dentro di sè, posseggano e custodiscano qualcosa di perverso o di sadico e magari di autolesionistico, in quanto il meno che ti possa capitare è una sorta di malessere fisico e comportamentale, senza voler citare quella stranissima e spiacevole sensazione intestinale di budella contorte prima di ogni appuntamento con i tuoi sacri colori.
In definitiva il calcio è si solo correre dietro a una palla, e per questo è un amore ben strano; ma in fianco a quella palla molto spesso corre anche la vita.
E se a quella palla tu riuscissi mai a dare il calcio giusto, quello che fa la differenza rispetto a quanti calci ne prendi in culo sovente dalla vita, vedrai quella palla infilarsi nella porta per accompagnarti a braccetto con lei alla vittoria.
Il Novara rappresenta tutto questo e tanto altro.
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