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Pensieri e parole

Ognuno ha il Ronaldo che si merita.

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Con tutti i Ronaldo che ci sono in giro per il mondo, a noi ci è toccato quello più sfigato.

Si, perchè è lecito credere che al nostro biondo, spero ex regista, da piccolo all’asilo, ciulassero le merendine.

Emarginato. Si emarginato in quanto lui arrivava sempre tardi all’appuntamento con gli altri bambini al campo di calcio pur partendo da casa molto tempo prima rispetto agli amici.

E se poi si tenesse in debita e non trascurabile considerazione che il babbo del nostro Ronaldo era il custode del campo e che li ci abitava con tutta la famiglia, si capirà facilmente il motivo per cui quei sette/otto tocchi, prima di riuscire nella per lui titanica impresa di passare il pallone, sono da considerarsi un marchio di fabbrica del professionista Ronaldo Pompeu da Silva dal momento in cui il Nostro divenne calciatore professionista.

Lui di lento ha persino la digestione.

È destino, ci doveva capitare lui, non il Ronaldo Luís Nazário da Lima in atri tempi, o il più attuale Ronaldo Cristiano dos Santos Aveiro, no niente da fare, lui, proprio lui, e non ci sono cazzi: speriamo di non dovercelo tenere.

Anche perchè nessuno lo vuole, come del resto capita a Maniero, che però, rispetto al Pompeu, ha sempre dimostrato di possedere una velocità che lo rendeva imbattibile nell’ arrivare per primo al buffet del ristorante di Novarello, dove il nostro numero 20  giungeva quando ormai i camerieri avevano  rimosso i vassoi.

Ognuno ha il Ronaldo che si merita, e il nostro ex DS, unitamente al Santo patrono di tutte le cliniche, se lo è meritato tutto … pare addirittura che per strapparlo all’ Esselunga che lo stava per mettere sotto contratto per affidargli il ruolo di testimonial nel futuro reparto “materassi coperte e guanciali”, il nostro fulgido ex DS promise alla catena di super store caprottiana, la cessione a titolo gratuito di Lukanovic che, rapa com’ è, sarebbe stato impiegato in un reparto ortofrutta, Kanis ai surgelati e il prestito gratuito senza diritto di riscatto di Orlandi , che con quel faccino contornato dal biondo crine, sarebbe stato destinato al reparto cosmetici.

Perchè un Ronaldo ti cambia la vita per sempre. Guarda un po’ i tifosi del Real, a loro la settimana poteva andare di merda, poi andavano al Bernabeu e vedevano giocare Cristiano e … zaaach, la vita tornava loro a sorridere.

Come ai tifosi interisti quando a San Siro giocava l’altro Ronaldo e tutti nutrivano la convinzione che sarebbero usciti dallo stadio rinfrancati e felici per qualche numero del fuoriclasse brasiliano.

Noi no, noi tifosi Novaresi, se mai la settimana fosse stata una cagata, dopo la partita in cui avesse giocato il nostro poeta del tempo lungo, la vita sarebbe continuata ad essere una cagata, però in regime di dissenteria.

Potere dei Ronaldo, capaci di sublimare il calcio o offenderlo a morte, noi abbiamo trovato quello della seconda opzione.

E poi dai, se fai il meccanico o il medico, piuttosto che il disoccupato, chiamati un po’ come vuoi, chessò, Dybala o Icardi che per tutti sarai il dotor Icardi o il bravo meccanico Dybala, che tanto a nessuno fregherebbe qualcosa, ma se ti chiami Ronaldo e giochi a calcio, cazzo, o sei come quei due omonimi o cambia nome no!!!, che oggi si può fare, costa una cifra ma si può fare, e se non lo fai allora significa che o sei pirla o sei tirchio.

Se poi pensi che i brasiliani tra nome, cognome e nomignolo hanno solo l’imbarazzo della scelta, il Ronaldo nuares avrebbe potuto tranquillamente scegliere di scrivere sul retro della nostra, ripeto nostra maglia il nome, cioè “Pompeu”, o “da Silva” che nessuno lo avrebbe identificato e, cosa ben più grave, ricordato, come un Ronaldo tarocco al pari di una borsa firmata venduta in spiaggia da Mustafà alla signora Cesira di anni 87.

Invece no, lui ci ha scritto “Ronaldo”, per giunta sopra un numero che portato da lui appena sopra le chiappe, grida vendetta e reclama giustizia: il numero 20, appunto.

Il doppio del 10 di Baggio, di Rivera, Pelè … e mi fermo qui per non scomodare altri illustri portatori sani di questa cifra. Se uno di questi due numeri, il 10 o il 20, fossero una persona, non esiterebbero a intentare una causa al povero Pompeu da Silva citandolo in giudizio per danno di immagine con l’aggravante della appropriazione indebita. E se fosse vero che il numero 20, nel significato della interpretazione Angelica dei numeri, rappresenta una miscela delle energie universali quali la forza, il vigore e la velocità … ecco qui la filosofia angelica dimostrerebbe di non aver capito un cazzo, punto e basta.

Sono venuto a conoscenza che il Ronaldo fino a ieri madridista, ormai è un giocatore che indosserà la stessa uniforme riservata ai carcerati, e anche se non me ne frega un cazzo, invece, paradossalmente, sono assai preoccupato per il destino del da Silva che, non vorrei mai, rimanesse per qualche arcano motivo anche il prossimo campionato a deliziarci con i suoi sette/otto tocchi, il probabile numero 10 sulla schiena e quel nome che ci ricorderà che ognuno ha il Ronaldo che si merita.

Forsa Nuara tüta la vita

Nonnopipo    

Novara perchè è la mia città, il Novara calcio perchè è la squadra della mia città, il dialetto perchè se il futuro è una porta il passato è la chiave per aprirla. Forsa Nuara tüta la vita.

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Il tempo è scaduto

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Adesso ci siamo davvero. Il Tribunale di Novara ha fissato per il 29 novembre l’inizio della vendita all’asta di “CIMELI, PREMI, PUBBLICAZIONI ED AFFINI, tra cui coppe, trofei, raccolte, vestiti mascotte e riconoscimenti vari come da perizia”. L’asta sarà aperta fino al 13 dicembre, poco prima del 115° anniversario della nascita del Novara Calcio 1908.

Sono ormai più di due anni che cerco di stimolare, tramite questo spazio di libertà, istituzioni e associazioni pubbliche e private, facendo nomi e cognomi di chi potrebbe fare qualcosa e sono, forse illudendomi, ancora convinto che qualcuno di questi, nel silenzio, stia organizzando qualcosa per aggiudicarsi  l’asta.

13.620 euro (10.000 + IVA + Oneri). Questa è la base d’asta e trattandosi di “aggiudicazione definitiva senza possibilità di rilancio” chi indicherà la cifra più alta vincerà l’asta. Il destino e la Magistratura hanno tolto dalla competizione il Presidente della Pro Novara ma ciò non toglie che collezionisti e speculatori potrebbero essere interessati ad aggiudicarsi il lotto.

Contrariamente al Tribunale di Verona per il Chievo, quello di Novara non ha messo all’asta il “titolo sportivo” e a questo punto, molto probabilmente non lo metterà più all’asta. Questo significa che la matricola storica rimane nella disponibilità della FIGC che potrebbe decidere di chiuderla definitivamente. Se così fosse si concluderebbe senza alcun dubbio la storia del Novara Calcio 1908 e le società che rappresenteranno il calcio cittadino, FC Novara in primis, continueranno la tradizione sportiva del Novara Calcio 1908 così come successo per la maggior parte delle società calcistiche fallite.

Romanticamente ho sempre sperato di recuperare la matricola 33790 per riannodare il filo della nostra storia ma me ne farò una ragione. Ora però riportiamo a casa ciò che nella Storia abbiamo conquistato.

 

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Pensieri e parole

Fino a quando batte il cuore c’è ancora speranza!

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Escono da scuola, vocianti e allegri. Corrono dando sfogo a quella vitalità imbrigliata e poi sopita nelle regole da rispettare.
Gridano, saltano, si sfogano, appunto.
Una multietnia confusa ma interessante che mischia senza problemi i diversi colori della pelle su quelle faccine ancora libere da condizionamenti imposti dall’egoismo dei grandi.
Si liberano dagli indumenti imposti, mentre gli zaini, pesanti come quelli portati a schiena di mulo dagli alpini, giacciono offrendo una sensazione di abbandono anche se temporaneo.
Da sotto quei grembiuli spuntano maglie di calcio, alcune originali altre tarocche, altre ancora improvvisate, altre impossibili da sintonizzare sulle frequenze del calcio.
Basta un pallone, a patto che rotoli colpito da qualche calcione ben assestato, a patto che si rispettino le regole improvvisate anch’esse, a patto …
Strisciate le maglie, tutte, che senza il nero verticale sarebbero rosse, bianche e blu, si blu, perché l’azzurro che abita in questa città è ben diverso. Il nero che hanno in comune le identifica come ospiti, almeno per me.
Ma loro giocano ugualmente, indifferenti alle differenze, dribblano anche le panchine e le convenzioni intrise di razzismo, mentre allo scivolo ci passano sotto, poi un tiro finisce contro un cestino dei rifiuti il cui compito straordinario è quello di fare il palo a sua insaputa, l’altro non esiste, o meglio, esiste nel diritto di ogni bambino di immaginarlo piantato dove meglio crede.
Ed è incredibile come una porta senza traversa e senza un palo, riesca nell’impresa di fare accettare, a chi lo ha subíto, un gol non gol senza discussioni e soprattutto senza il quarto uomo e la VAR.
Magie dell’innocenza, miracoli prodotti dalla sola voglia di dare un calcio non tanto ad un pallone, che potrebbe colpire un cestino saltuariamente svuotato dall’immondizia, ma spingere quella sfera al di la della realtá di tutti i giorni, portandola a superare la linea della porta oltre la quale esistono i sogni che solo i bambini sanno fare ad occhi aperti.
Gioca!! Gabriele, gioca finché puoi sognare un calcio libero da condizionamenti, un calcio costruito solo per te su un terreno che sia pieno di ostacoli gioiosi come solo quelle giostrine impiantate su questo prato sanno esserlo, e fino a quando la tua maglietta azzurra, con quello scudo, bianca la croce in campo rosso, che posizionato sul cuore, registrerà sempre la tua fede come sa fare un holter cardiaco.
Il nostro scudetto sarà rispettato e considerato valoroso e nobile al pari di quello posto su quelle maglie strisciate e foreste che noi, come ti ho insegnato, non disprezziamo, in quanto vengono anch’esse sudate dalla gioia di chi le indossa.
Mezz’ ora dura lo svago, mezz’ora rubata ai compiti ma restituita alla fantasia e alla libertà, però ora ti devo chiamare, anche se so che farai finta di non sentire, lo facevo anch’io quando la nonna Rina urlava dal fondo del campetto dell’oratorio di Veveri chiamandomi … non sentivo, proprio come stai facendo tu, non sono mica nonno per caso eh, li conosco tutti questi trucchetti, sono stati il mio salvagente, il mio diritto a richiedere che mi venisse accordato l’orario lungo per giocare a calcio fino a quando l’oscuritá imponeva la ritirata.
Quarantacinque minuti ormai, il tempo che misura la metà di una partita, la sera cala lentamente su quei calci offerti a una sfera che rotola, di qua e di la senza avere apparentemente una destinazione precisa e forse avendo i minuti contati.
Andiamo, le maglie sono sparite ognuna verso destini giá scritti ma ancora da interpretare, ognuna sulle ali della speranza piú che sulle giovani spalle di ragazzini appartenenti alle piú varie etnie.
Sali, Gabry, sali in macchina e occhio alla cartella, (io la chiamo ancora così) come è andata oggi a scuola? Cosa hai mangiato a pranzo? Le solite domande, quelle che ti pongo tutti i giorni … no, oggi no, oggi non ti chiedo nulla, oggi indossi quella maglia che è un lasciapassare per i sentimenti piú belli, proprio in questa settimana che porterá a quella che è celebrata non come una semplice partita, ma “LA PARTITA!!!”
E tu mi chiedi di ascoltare quel CD che spesso ti nego all’ascolto tutto preso come sono a guidare nel traffico o a pensare ai cavoli miei che talvolta sono di una grandezza esagerata, questi cavoli!!
Oggi no, oggi ti voglio più bene del solito, ti amo più del solito, oggi non so perché ma è cosi.
E allora te lo metto il tuo CD, te le metto le tue due canzoni preferite, io le ho già sentite tante volte al punto che quando si arrivava a casa le suonavo entrambe con la chitarra mentre tu ascoltavi incuriosito quanto la mia interpretazione fosse curiosamente distante dall’originale.
Vabbè dai!! ascoltale pure e alza il volume, anzi sparalo a mille, anche se magari qualcuno ci manderà affanc…ops, scusa, non si dicono parolacce in presenza di bambini … ci manderà a quel paese!!
Parte la batteria cadenzata al ritmo di marcetta, la nostra marcetta, Gabry, quella che mi chiedi di ascoltare tutti i giorni all’uscita da scuola e io ti accontento quando non sono inverso.
Canti sottovoce accompagnando quell’incedere musicale, che si confonde con i battiti disordinati del mio cuore, aiutandoti con le dita della mano sinistra, intanto che il ritmo della musica compie il suo percorso naturale verso quei sentimenti più spontanei e liberi che ci hanno consentito di amare quell’azzurro colore.
Un minuto e trentotto secondi dura questa melodia, ma tu prima che finiscano le note mi chiedi con garbo misto a preoccupazione : “Nonno, perché stai piangendo??”
Nonnopipo

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Schiavi di una fede

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Siamo schiavi di una fede.

E la cosa buffa (ma neanche tanto!!) è che non ci dispiace affatto.

Che strano peró, dover riconoscere che il grafico del nostro umore risulta legato all’andamento di una squadra!!!

Ed è a questo punto che la matassa si sbroglia fornendo una veritá indiscutibile: non si tratta solo di una squadra.

Sarebbe intollerabilmente riduttivo e semplicistico se cosí fosse, e tutto venisse attribuito esclusivamente a un discorso legato al tifo.

Perchè il tifo e, conseguentemente il suo interprete principale che è il tifoso, è composto da quegli ingredienti naturali che si chiamano passione e amore.

E la passione e l’amore sono immortali, infiniti, insensibili al dubbio e all’incertezza.

Li trovi negli occhi di chi esulta e nelle lacrime di una delusione, nel pallone che gonfia la rete o nel palo che soffoca in gola l’urlo liberatore.

Perchè, come disse lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, “ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada, lì ricomincia la storia del calcio”

 

Forsa Nuara tüta la vita

 

Nonnopipo

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