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Pensieri e parole

S’Ammuttadori

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Vi è mai capitato di sognare una scena di violenza in cui il protagonista siete voi stessi  e di non riuscire a muovervi?

In quel momento, in pieno sogno, venite colti dal panico, vorreste urlare ma non ci riuscite, forse a malapena vi uscirà dalla gola qualche suono gutturale, garrulo e tronco, che viaggia su una frequenza di terrore misto a impotenza, mentre avvertite la sensazione di avere un grande peso sul petto che vi tiene inchiodati a letto,

Niente paura, non si tratta di un’ avvisaglia di infarto, e nemmeno dell’effetto provocato da quel paio di bottiglie di nebbiolo che avete spazzato con gli amici, accompagnando quel pezzo tenerissimo di “cappello del prete” con la vena, che avete cucinato a stracotto.

 Tranquilli, siete solo vittime di “S’Ammuttadori”, il quale, per dare peso al suo intervento, si siede sul vostro petto esattamente all’altezza dello sterno

S’Ammuttadori viene descritto nei racconti popolari, che fanno parte della tradizione sarda, come un demone che agisce in connessione con il sonno della sua vittima di turno.

Esso provoca una sensazione di angoscia, soffocamento e apprensione nel malcapitato.

La leggenda vuole che i pastori sardi erano riluttanti ad addormentarsi per paura di una sua aggressione.

Ecco, ormai è da venerdì notte che puntualmente provo questo disagio notturno.

Con la rimarchevole differenza che, per non farmi mancare niente, io di S’Ammuttadori ne ho ben due. A dire il vero dopo la tragedia consumatasi venerdì sera, di dormire in quella notte non ne sono stato capace, ma per quell’oretta in cui son riuscito a prendere sonno, se non fosse intervenuta prontamente Nonnalanto a farmi rinsavire cunt un a slurdòn, avrei svegliato mezzo condominio, tanto urlavo frasi che poi mi hanno riferito essere alquanto disconnesse da qualsiasi contesto avesse un embrione di logica. E già, perchè il S’Ammuttadori che stava seduto comodamente sul mio stomaco imbursà cume un pidriot druvà al cuntrari, aveva il volto di MDS. Ora potete immaginare tranquillamente quanto l’incubo fosse tremendamente “incubo”.

Tentavo disperatamente di scacciarlo, il demone, ma lui niente, mi guardava e sorrideva compiaciuto, quasi a godere degli slurdòn che  Nonnalanto continuava a fornirmi gratis nel tentativo di svegliarmi.

Ma il bello doveva ancora capitare nelle notti successive, quando i S’Ammuttadori diventarono due. E mentre quello con il volto del Presidente prendeva posizione sullo stomaco, che già nella vita reale aveva in molte occasioni occupato, l’altro, molto più magro del primo, si accomodava, senza troppa delicatezza, sulle mie parti intime, come si usa dire nel buon linguaggio di tutti i giorni, termini che, una volta sbianchettati e sostituiti con altri ben più descrittivi, si possono chiamare esclusivamente con il loro nome, ovvero il cazzo e i coglioni, che ben si sposano con il tipo di demone in questione.

E dopo aver appurato che il secondo S’Ammuttadori mi stava appunto proprio sul cazzo, nel buio dell’incubo, illuminato da una flebile lucina alimentata da una turbina di s-giafòn comandata sempre da Nonnalanto, non ho potuto far altro di intravedere il viso scarno di Teti, che, scusate, ma va sottolineato in rosso, non foss’altro per la sensazionalità di ciò che tra poco rivelerò, era molto, ma molto, ma molto, più brutto del demone originale.

Intanto, il demone principale, ovvero quello che ostentava più spavalda sicurezza, canticchiava il refrain di una canzone assai popolare: “Nella vecchia fattoria ia ia oh, c’è De Salvo che va via ia ia oh, perchè il babbo babbo ba ba babbo, gli fa il culo culo cu cu culo, nella vecchia fattoria ia ia oh”, mentre il secondo S’Ammuttadori, quello con la faccia da Teti, parlava al telefono con un mediatore di Bari per portare a termine una trattativa finalizzata all’acquisto di maiali sovrappeso buoni per fare su salami da mettere sotto grasso.

Fu allora che Nonnalanto, assai turbata dal mio comportamento passivo in balia dei due S’Ammuttadori, e avendo esaurito la scorta di slavadénc a sua disposizione, iniziò a recitare una preghiera nel tentativo di esorcizzare i due demoni che mi stavano possedendo:

 

“O Tesser, insieme a Pablo, 

scaccia via lo diablo, 

e se vuoi darci una botta 

fa tornar Simone Motta

e spazza via sti coglioni

ma ridammi Marco Rigoni     

se poi vuoi combinarla bella

dacci indietro Morganella

e se poi vuoi profumar sto puzzo

ridacci il sindaco Lisuzzo

e Nonnopipo farà un inchino

se a segnar sarà Rubino

ma ben due assai più rari

se a tornar sarà Porcari

E ora scaccia sti brutti attori

demoniaci S’Ammuttadori.

Fu così che dopo questa giaculatoria esorcizzante, con una scorreggia lunga una decina di minuti, quindi il tempo necessario a Pompeu Ronaldo per effettuare un passaggio, mi risvegliai spossato ma finalmente libero dall’essere posseduto. I due S’Ammuttadori non potevano che andarsene in questo modo.

Ora le cose vanno meglio e da ieri dormo tranquillo perché ho provato a non pensare più alla retrocessione, e ho anche deciso di capovolgere la mia vita di tifoso del Novara, che mi ha portato, negli ultimi mesi, ad essere depresso e abbattuto, ora sono abbattuto e depresso.

Nonnopipo  

  

 

 

 

Novara perchè è la mia città, il Novara calcio perchè è la squadra della mia città, il dialetto perchè se il futuro è una porta il passato è la chiave per aprirla. Forsa Nuara tüta la vita.

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Forza Mister

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Un fortissimo abbraccio a Roberto Cevoli con auguri di pronta guarigione. Nella storia del Novara Roberto non entrerà per i risultati ma sulla sua onestà e dedizione non si può eccepire nulla. Pacato e mai sopra le righe si è trovato a dover gestire una situazione difficile suo malgrado e come spesso accade nel calcio si sono riversate su di lui tutte le colpe. Probabilmente ha commesso qualche errore ma non era certo il colpevole assoluto. Persona piacevole con cui interloquire e discutere senza dover alzare mai i toni.

Un grandissimo in bocca al lupo dai tifosi azzurri per poter tornare ad una vita serena in cui tu possa sederti su una panchina probabilmente da avversario ma con tutto il nostro rispetto.
Siviersson

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La Partita

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Pavanati e De Salvo sono falliti. Non riesco ancora a prenderla come una buona notizia, anzi rabbia e indignazione sono ancora predominanti per una vicenda truffaldina che ci ha privato della storia del nostro Novara Calcio 1908.

Ora per lo meno la strada è tracciata: Pavanati e De Salvo sono falliti, dovranno probabilmente rispondere di bancarotta fraudolenta e sinceramente spero che la giustizia una volta tanto, vada fino in fondo facendogli pagare fino all’ultimo centesimo.

L’iter fallimentare prevede che tutti i beni materiali della società (Coppe, Trofei, Maglie Storiche e tutti i cimeli del Novara Calcio 1908) dovranno essere messi all’asta per risarcire i creditori.

E questo è il primo punto: bisogna evitare che un privato o un collezionista se ne impossessi. Le associazioni ed i club vicini al Novara Calcio, penso al Coordinamento e ai Fedelissimi ma anche al Panathlon Club Novara attuale con Presidente Carlo Accornero oppure lo stesso Comune di Novara devono recuperare tutto questo patrimonio e restituirlo alla città. Passeranno parecchi mesi prima dell’asta fallimentare ma sarebbe utile cominciare a pensarci ed organizzarci.

Il secondo punto è la restituzione del titolo sportivo alla società che in questo momento rappresenta il calcio a Novara. Può sembrare un banale capriccio sentimentale ma in realtà è l’unico modo per restituire la Storia del Novara Calcio ai suoi tifosi. Insisto e ripeto l’esempio più banale: festeggiare il record di gol realizzati da Gonzalez è un’ipocrisia che tale rimarrà finché il titolo sportivo del Novara Calcio 1908 non verrà assegnato al FC Novara.

L’art. 52, 2° comma, delle N.O.I.F. è chiaro  “il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del presidente della F.I.G.C.” ma perché questo avvenga qualcuno con le carte in regola deve richiederlo e l’unico ad averle è il FC Novara.

Non ho mai sentito Ferranti esporsi su questo argomento forse perché attendeva la sentenza di fallimento definitiva. Adesso è arrivato il momento di far sapere le sue intenzioni. Questa sarà la sua partita più importante, l’unica veramente da vincere e così finalmente capiremo se sta diventando un “nuares” o viceversa se al di la di tante parole il FC Novara è soltanto un bel passatempo.

Vinci per noi Massimo Ferranti!

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Stranamore

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La parola “amore” può essere riferita talmente a tante cose e situazioni, che è impossibile definirne in modo compiuto un significato generale, ed è possibile spiegarla solo osservandone i vari aspetti che la caratterizzano nelle situazioni specifiche a cui la si può associare.

E queste situazioni non sempre sono determinate dai classici rapporti umani nei quali si stabiliscono relazioni che convenzionalmente definiamo amorose. A volte sono passioni di diverso genere, verso cose, attivitá spesso di lavoro, insomma ogni cosa che fa riferimento a tutto lo scibile possibile e immaginabile.

Eppure in molti casi si determina un rapporto amoroso che risulta più intenso e duraturo di quello che si può stabilire in una relazione di coppia.

Esiste, per esempio, un amore che spesso nasce nel periodo in cui si accendono quei rapporti che dureranno tutta la vita, ovvero l’infanzia, dove sará pressocché impossibile successivamente abbandonarlo e che ti seguirá fedelmente per tutta la vita: l’amore per il calcio.

Questo sentimento nasce, appunto, solitamente da piccoli, quando è più facile dare fuoco alle fantasie create dalla purezza d’ animo che accompagna, mano nella mano, i sogni che più avanti si trasformeranno in speranze: scatta la scintilla e si viene assaliti da una irresistibile voglia di emulare le gesta e le imprese dei giocatori della tua squadra del cuore e di provare a diventare come loro; ed è così, proprio con queste motivazioni e queste aspettative che si inizia a giocare a calcio, magari in una squadretta di periferia, non prima di aver calcato ogni tipo di terreno improvvisato.

Ma inevitabilmente quando si cresce, questa sensazione diventa ancor più forte, fino ad assumere i tratti della dipendenza, come una droga, davanti alla quale assume i tratti di un’impresa titanica dovervi rinunciare.

Ma se risulta sacrosanto fuggire dalle droghe che creano dipendenza e provocano danni inimmaginabili, dalla dipendenza dal calcio, sarebbe buona cosa non fuggire, anzi, favorire l’introduzione di un ragazzo a questa disciplina di carattere sportivo significherebbe offrire a lui una importante opportunitá di crescita.

Più importante peró sarebbe che i genitori non pretendessero di avere dopo pochi mesi, un piccolo futuro campione in casa, somigliando a quei tifosi che si convincono di avere nella rosa della propria squadra campioni da cui pretendere sempre prestazioni di alto livello.

Da questa esperienza si possono imparare tante cose come l’importanza del gioco di squadra e la imprescindibilità del reciproco sostegno nonché aiuto, e che da questa universale disciplina, a patto che si rispettino i criteri fondamentali di rispetto e lealtà nei confronti dell’avversario, si possono provare tutte quelle gioie che tutti conosciamo avendole almeno una volta provate, come vincere un torneo o una coppa, magari segnare un gol decisivo e subito trovarsi a celebrare, attraverso un abbraccio collettivo, uno di quei momenti che per sempre resteranno impressi.

Quanto sopra rappresenta il top delle emozioni, ma esistono altresi anche quelle piccole soddisfazioni quotidiane come i miglioramenti e progressi tangibili che in allenamento si possono percepire come conquiste di cui essere orgogliosi che segnalano inequivocabilmente la qualità del lavoro svolto con passione.

Bisogna però mantenere un certo equilibrio e non temere di esibire un buon livello di onestà intellettuale nel parlare di queste cose, quindi si deve sottolineare che, come dice il proverbio, non sono tutte rose e fiori, e chiarire subito che dal calcio le emozioni che si possono provare non sono solo quelle positive, anzi sono statisticamente più frequenti quelle negative, basti pensare alla recente e bruciante eliminazione dai mondiali della nostra Nazionale come esempio macroscopico.

Comunque, nonostante questi alti e bassi, il calcio entra nella vita e nell’essere di chi lo pratica, così profondamente al punto che risulta essere poi molto difficile, se non addirittura quasi impossibile, sostituire con altra materia sportiva, o dimenticare, forse anche da accantonare temporaneamente.

Non credo di sbagliare nell’affermare che per molti il calcio viene considerato più che uno sport, più che uno sfogo psicofisico, addirittura come una seconda vita.

Mi è capitato di dover difendere la mia personalissima posizione dall’attacco di chi giudica sciocco e infantile innamorarsi di uno sport il cui scopo sia quello di correre appresso una palla, e come sia possibile spendere così tanti soldi e tempo per seguire allo stadio la propria squadra, addirittura accompagnandola in trasferta.

È propabile che sia superfluo tentare una risposta, quasi certo che qualunque sia la controteoria esposta, sarà pressocché impossibile fare breccia nel qualunquismo dal quale nascono queste affermazioni.

Mai potrà capire e fare propria la gioia che si prova quando la tua squadra vince, o più ancora quando ciò avviene grazie a un gol spettacolare o anche attraverso il classico gollonzo, chi ti formula queste accuse lui si, probabilmente, è uno di quelli che è nato e vive in perenne fuorigioco!!

Per non parlare poi dell’adrenalina e della tensione tributate all’attesa di una partita importante della tua squadra, anche se tutte le partite sono importanti!

Penso che gli amanti del calcio dentro di sè, posseggano e custodiscano qualcosa di perverso o di sadico e magari di autolesionistico, in quanto il meno che ti possa capitare è una sorta di malessere fisico e comportamentale, senza voler citare quella stranissima e spiacevole sensazione intestinale di budella contorte prima di ogni appuntamento con i tuoi sacri colori.

In definitiva il calcio è si solo correre dietro a una palla, e per questo è un amore ben strano; ma in fianco a quella palla molto spesso corre anche la vita.

E se a quella palla tu riuscissi mai a dare il calcio giusto, quello che fa la differenza rispetto a quanti calci ne prendi in culo sovente dalla vita, vedrai quella palla infilarsi nella porta per accompagnarti a braccetto con lei alla vittoria.

Il Novara rappresenta tutto questo e tanto altro.

Forsa Nuara tüta la vita

Nonnopipo

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