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Pensieri e parole

La profezia di Nunez

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Prendo qualche giorno per pensare, a cosa poi non lo so, ma è necessario per riprendermi e guardare in faccia a un futuro che, al di la dei proclami di fede, pare essere colorato a tinte fosche. Speriamo che la società dopo i reiterati e incomprensibili silenzi, durati un’intera stagione, parli chiaro; qualsiasi cosa dovesse dire, parli finalmente chiaro, cristallino, limpido, potabile, chiami le cose con il loro nome, senza cadere negli assurdi proclami del capo tipo l’ ormai consunto ” la serie B ( l’ originale sarebbe A!) io ve l’ ho tolta, ecc, ecc.”

Comunichi ai tifosi quali saranno le linee che vorrà seguire, senza false proiezioni o grulli   intendimenti ai quali nemmeno lei ci crede.

Un anno di prese per il culo credo possano essere sufficienti, senza scomodare la retrocessione del 2014, e il successivo campionato di Lega Pro con lo sponsor dell’IRPEF.

E dire che Nunez, questa estate, chiaccherando sotto i pini di Druogno, mi aveva fatto incazzare non poco affermando convintamente che con una società cosi “leggera” (il termine originale era assai più colorito) e un parco giocatori così scarso e male assortito, sarebbe stato difficilissimo salvarsi. Porca troia!! aveva ragione!!

E così mi ritrovo a constatare come i fantasmi del passato siano quanto mai attuali, e a far mia la convinzione che, in fondo, il Novara durante l’arco di questa stagione non sia stato affatto sfortunato, nel senso che l’attuale situazione non è stata causata dagli Dei avversi, ma da una serie infinita di personaggi squallidi  che ruotano a vario titolo attorno alla nostra Maglia, i quali non hanno mai agito per amore del Novara, eccolo il tassello mancante al completamento di questo puzzle: l’ amore per il Novara.

Senza poi considerare il modo con cui il Dottor De Salvo, responsabile diretto di questo squallore, si è intestardito nel voler portare  a tutti i costi la nave a far l’inchino, a cosa cazzo lo sa solo lui, senza ascoltare le sirene di pericolo che da ogni parte venivano lanciate. 

Si potrebbe disquisire parlando per ore dei vari aspetti tecnico/tattici che hanno accompagnato questo schifo di stagione, oppure delle pietose prestazioni offerte dai giocatori, nonché dell’assoluta mancanza di carattere da loro dimostrata, ma servirebbe solo a riempire  il sacco dell’umido della pattumiera: non me ne frega un cazzo, e soprattutto non voglio offrire la possibilità di alcun distinguo a nessuno: tutti colpevoli, tutti responsabili.

Perché una retrocessione se combattuta fino all’ultimo minuto dell’ultima partita, giocata senza mollare un centimetro all’avversario e con la testa in alto pronta a sfidare il mondo è pur sempre una sconfitta dignitosa e meritevole di rispetto, ma a Novara si è consumata la scientifica pianificazione di un delitto, dove la vittima predestinata era da tempo nota a tutti. 

E non si venga a menare il torrone con la storia della scarsità di pubblico, o con la cazzata che la città e la provincia non meritano la serie B, perché i circa duemila presenti al Piola e i cinquanta, cento, a volte anche più, presenti in tutte le trasferte, non sono tanti, sono tantissimi, e rappresentano lo zoccolo duro che il Novara lo seguirebbe anche in un terreno posto in mezzo a due trincee mentre si stanno scambiando raffiche di mitra. Loro sono l’ unico spettacolo bello e degno, di fronte alla ignominia che  è andata in scena. Per loro bisognava lottare, per loro c’era l’obbligo di amare quell’azzurro savoia, per loro bisognava dimostrare di avere almeno un po’ di carattere, la cui mancanza ci ha costretti a subire l’onta della sconfitta in un derby perso tra le mura amiche, senza aver subito nemmeno un cartellino giallo!!

E perché mai la gente avrebbe dovuto invadere gli spalti del Piola?

Questo è formalmente e semplicemente, il fallimento di un progetto nato con i più umili intenti e che ora sta morendo soffocato dal calcolo spasmodico del raggiungimento di quel cazzo di pareggio di bilancio, unico vero obiettivo di una società a cui è mancata la lungimiranza di vedute e un pizzico di follia, oltre alla capacità decisionale del patron De Salvo, il quale avrebbe dovuto non recedere dal proposito di licenziare Corini subito dopo la gara persa a Chiavari, invece di ascoltare le idiozie di un DS che, ottuso come un angolo di 179 gradi, si ostinava a difendere un allenatore che lo spogliatoio aveva sfiduciato da tempo, togliendo di fatto a quel povero Cristo del nuovo tecnico, il diritto di programmare gli acquisti di gennaio, negandogli il tempo necessario per amalgamare il vecchio con il nuovo. Lui, il Sig. Teti bisognava licenziare, immediatamente!!

E adesso, caro Dottor da li bèli clinichi bianchi, non tiri fuori li palanchi, non vogliamo più il suo contributo, si ricordi solo di indossare il caschetto giallo antinfortunistico quando sarà costretto a smontare i tubi innocenti delle curve, gli servirà affinchè non gli piova in testa qualche “va da via ‘l cü” che a Novara, purtroppo, non è considerato un insulto.

Certo che delegare a Di Carlo il compito di commentare la retrocessione ai microfoni prima di Sky e poi a quelli di Radio Azzurra, la dice lunga sulle qualità morali di questa società a cui il marchio indelebile di vigliaccheria non glie lo può togliere nessuno.

Non voglio tediare chi legge elencando tutti gli articoli critici che da questo blog sono stati espressi, prima e durante la stagione, nei confronti delle scelte fatte da questa società, per non correre il rischio di essere ridondante; chi ci ha seguiti dall’inizio sa che amiamo questi colori al pari di molti altri che invece hanno sempre difeso il carro sul quale prontamente erano saliti. Soffrivamo a scrivere quelle righe, stavamo male quando, consultandoci, decidevamo che era  giusto ribadire quanto le cose sarebbero andate a finire male. Ci si rattristava rileggendo gli articoli che anticipavano questo finale, ed è senza ipocrisia che non vogliamo condividere con nessuno questo dolore, ognuno pensi al proprio e si lavi i panni sporchi nelle acque che più ritiene opportune.

Solo una cosa mi sento di chiedere alla società e al dottor De Salvo, me lo deve, ce lo deve: ci dica subito quali sono le sue intenzioni future riguardo al mio/nostro Novara, eviti proclami del cazzo e non balli nel manico.

Aspettiamo, ma faccia presto, e se sarà sua intenzione passare la mano indichi a chi vorrà cedere il giocattolo rotto. Cerchi almeno di non fare altri danni e sparisca dalla mia vista.

Nonnopipo          

Novara perchè è la mia città, il Novara calcio perchè è la squadra della mia città, il dialetto perchè se il futuro è una porta il passato è la chiave per aprirla. Forsa Nuara tüta la vita.

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Forza Mister

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Un fortissimo abbraccio a Roberto Cevoli con auguri di pronta guarigione. Nella storia del Novara Roberto non entrerà per i risultati ma sulla sua onestà e dedizione non si può eccepire nulla. Pacato e mai sopra le righe si è trovato a dover gestire una situazione difficile suo malgrado e come spesso accade nel calcio si sono riversate su di lui tutte le colpe. Probabilmente ha commesso qualche errore ma non era certo il colpevole assoluto. Persona piacevole con cui interloquire e discutere senza dover alzare mai i toni.

Un grandissimo in bocca al lupo dai tifosi azzurri per poter tornare ad una vita serena in cui tu possa sederti su una panchina probabilmente da avversario ma con tutto il nostro rispetto.
Siviersson

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La Partita

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Pavanati e De Salvo sono falliti. Non riesco ancora a prenderla come una buona notizia, anzi rabbia e indignazione sono ancora predominanti per una vicenda truffaldina che ci ha privato della storia del nostro Novara Calcio 1908.

Ora per lo meno la strada è tracciata: Pavanati e De Salvo sono falliti, dovranno probabilmente rispondere di bancarotta fraudolenta e sinceramente spero che la giustizia una volta tanto, vada fino in fondo facendogli pagare fino all’ultimo centesimo.

L’iter fallimentare prevede che tutti i beni materiali della società (Coppe, Trofei, Maglie Storiche e tutti i cimeli del Novara Calcio 1908) dovranno essere messi all’asta per risarcire i creditori.

E questo è il primo punto: bisogna evitare che un privato o un collezionista se ne impossessi. Le associazioni ed i club vicini al Novara Calcio, penso al Coordinamento e ai Fedelissimi ma anche al Panathlon Club Novara attuale con Presidente Carlo Accornero oppure lo stesso Comune di Novara devono recuperare tutto questo patrimonio e restituirlo alla città. Passeranno parecchi mesi prima dell’asta fallimentare ma sarebbe utile cominciare a pensarci ed organizzarci.

Il secondo punto è la restituzione del titolo sportivo alla società che in questo momento rappresenta il calcio a Novara. Può sembrare un banale capriccio sentimentale ma in realtà è l’unico modo per restituire la Storia del Novara Calcio ai suoi tifosi. Insisto e ripeto l’esempio più banale: festeggiare il record di gol realizzati da Gonzalez è un’ipocrisia che tale rimarrà finché il titolo sportivo del Novara Calcio 1908 non verrà assegnato al FC Novara.

L’art. 52, 2° comma, delle N.O.I.F. è chiaro  “il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del presidente della F.I.G.C.” ma perché questo avvenga qualcuno con le carte in regola deve richiederlo e l’unico ad averle è il FC Novara.

Non ho mai sentito Ferranti esporsi su questo argomento forse perché attendeva la sentenza di fallimento definitiva. Adesso è arrivato il momento di far sapere le sue intenzioni. Questa sarà la sua partita più importante, l’unica veramente da vincere e così finalmente capiremo se sta diventando un “nuares” o viceversa se al di la di tante parole il FC Novara è soltanto un bel passatempo.

Vinci per noi Massimo Ferranti!

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Stranamore

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La parola “amore” può essere riferita talmente a tante cose e situazioni, che è impossibile definirne in modo compiuto un significato generale, ed è possibile spiegarla solo osservandone i vari aspetti che la caratterizzano nelle situazioni specifiche a cui la si può associare.

E queste situazioni non sempre sono determinate dai classici rapporti umani nei quali si stabiliscono relazioni che convenzionalmente definiamo amorose. A volte sono passioni di diverso genere, verso cose, attivitá spesso di lavoro, insomma ogni cosa che fa riferimento a tutto lo scibile possibile e immaginabile.

Eppure in molti casi si determina un rapporto amoroso che risulta più intenso e duraturo di quello che si può stabilire in una relazione di coppia.

Esiste, per esempio, un amore che spesso nasce nel periodo in cui si accendono quei rapporti che dureranno tutta la vita, ovvero l’infanzia, dove sará pressocché impossibile successivamente abbandonarlo e che ti seguirá fedelmente per tutta la vita: l’amore per il calcio.

Questo sentimento nasce, appunto, solitamente da piccoli, quando è più facile dare fuoco alle fantasie create dalla purezza d’ animo che accompagna, mano nella mano, i sogni che più avanti si trasformeranno in speranze: scatta la scintilla e si viene assaliti da una irresistibile voglia di emulare le gesta e le imprese dei giocatori della tua squadra del cuore e di provare a diventare come loro; ed è così, proprio con queste motivazioni e queste aspettative che si inizia a giocare a calcio, magari in una squadretta di periferia, non prima di aver calcato ogni tipo di terreno improvvisato.

Ma inevitabilmente quando si cresce, questa sensazione diventa ancor più forte, fino ad assumere i tratti della dipendenza, come una droga, davanti alla quale assume i tratti di un’impresa titanica dovervi rinunciare.

Ma se risulta sacrosanto fuggire dalle droghe che creano dipendenza e provocano danni inimmaginabili, dalla dipendenza dal calcio, sarebbe buona cosa non fuggire, anzi, favorire l’introduzione di un ragazzo a questa disciplina di carattere sportivo significherebbe offrire a lui una importante opportunitá di crescita.

Più importante peró sarebbe che i genitori non pretendessero di avere dopo pochi mesi, un piccolo futuro campione in casa, somigliando a quei tifosi che si convincono di avere nella rosa della propria squadra campioni da cui pretendere sempre prestazioni di alto livello.

Da questa esperienza si possono imparare tante cose come l’importanza del gioco di squadra e la imprescindibilità del reciproco sostegno nonché aiuto, e che da questa universale disciplina, a patto che si rispettino i criteri fondamentali di rispetto e lealtà nei confronti dell’avversario, si possono provare tutte quelle gioie che tutti conosciamo avendole almeno una volta provate, come vincere un torneo o una coppa, magari segnare un gol decisivo e subito trovarsi a celebrare, attraverso un abbraccio collettivo, uno di quei momenti che per sempre resteranno impressi.

Quanto sopra rappresenta il top delle emozioni, ma esistono altresi anche quelle piccole soddisfazioni quotidiane come i miglioramenti e progressi tangibili che in allenamento si possono percepire come conquiste di cui essere orgogliosi che segnalano inequivocabilmente la qualità del lavoro svolto con passione.

Bisogna però mantenere un certo equilibrio e non temere di esibire un buon livello di onestà intellettuale nel parlare di queste cose, quindi si deve sottolineare che, come dice il proverbio, non sono tutte rose e fiori, e chiarire subito che dal calcio le emozioni che si possono provare non sono solo quelle positive, anzi sono statisticamente più frequenti quelle negative, basti pensare alla recente e bruciante eliminazione dai mondiali della nostra Nazionale come esempio macroscopico.

Comunque, nonostante questi alti e bassi, il calcio entra nella vita e nell’essere di chi lo pratica, così profondamente al punto che risulta essere poi molto difficile, se non addirittura quasi impossibile, sostituire con altra materia sportiva, o dimenticare, forse anche da accantonare temporaneamente.

Non credo di sbagliare nell’affermare che per molti il calcio viene considerato più che uno sport, più che uno sfogo psicofisico, addirittura come una seconda vita.

Mi è capitato di dover difendere la mia personalissima posizione dall’attacco di chi giudica sciocco e infantile innamorarsi di uno sport il cui scopo sia quello di correre appresso una palla, e come sia possibile spendere così tanti soldi e tempo per seguire allo stadio la propria squadra, addirittura accompagnandola in trasferta.

È propabile che sia superfluo tentare una risposta, quasi certo che qualunque sia la controteoria esposta, sarà pressocché impossibile fare breccia nel qualunquismo dal quale nascono queste affermazioni.

Mai potrà capire e fare propria la gioia che si prova quando la tua squadra vince, o più ancora quando ciò avviene grazie a un gol spettacolare o anche attraverso il classico gollonzo, chi ti formula queste accuse lui si, probabilmente, è uno di quelli che è nato e vive in perenne fuorigioco!!

Per non parlare poi dell’adrenalina e della tensione tributate all’attesa di una partita importante della tua squadra, anche se tutte le partite sono importanti!

Penso che gli amanti del calcio dentro di sè, posseggano e custodiscano qualcosa di perverso o di sadico e magari di autolesionistico, in quanto il meno che ti possa capitare è una sorta di malessere fisico e comportamentale, senza voler citare quella stranissima e spiacevole sensazione intestinale di budella contorte prima di ogni appuntamento con i tuoi sacri colori.

In definitiva il calcio è si solo correre dietro a una palla, e per questo è un amore ben strano; ma in fianco a quella palla molto spesso corre anche la vita.

E se a quella palla tu riuscissi mai a dare il calcio giusto, quello che fa la differenza rispetto a quanti calci ne prendi in culo sovente dalla vita, vedrai quella palla infilarsi nella porta per accompagnarti a braccetto con lei alla vittoria.

Il Novara rappresenta tutto questo e tanto altro.

Forsa Nuara tüta la vita

Nonnopipo

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