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Undici leoni sbancano il Curi

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Un Novara brillante e determinato sbanca Perugia e si appresta a festeggiare una meritata e doverosa salvezza.

Gli azzurri già al settimo del primo tempo passano in vantaggio con un rapace colpo di testa di Seck spianandosi la strada per uno strabordante successo, forse eccessivo nel punteggio, ma decisamente meritato.

Finalmente abbiamo visto una squadra compatta ed equilibrata che, con quella determinazione che troppe volte è mancata quest’anno, ha preso il sopravvento su un Perugia che ci ha affrontato con sufficienza, forse legittimata dai tanti punti di differenza.

Una partita che poi si mette decisamente in discesa quando Ronaldo, con una maestrale punizione, uccella Leali con una palombella  beffarda che si insacca nel sette.

Gli azzurri non si perdono d’animo nemmeno al 21mo quando una sfortunata deviazione di Golubovic mette la palla alle spalle di Montipò.

Si va al riposo con risultati poco confortanti dagli altri campi ma con un meritato vantaggio in tasca; vantaggio che si concretizza ancora al settimo quando Orlandi, da due passi, non fa fatica ad insaccare.

Il Novara è arrembante e tracima al 20mo quando Moscati, solo in mezzo all’area, raccoglie un invitante passaggio di Seck e la mette sulla sinistra di Leali.

Ma non finisce qui perché tre minuti dopo un magistrale scambio Moscati Sansone regala a Puscas la rete del cinque  a uno.

La partita finisce praticamente qui … con la trentina di tifosi azzurri festanti sugli spalti.

…………….” !!!!!!!!!” ……. non ci siamo bevuti il cervello …. semplicemente, come ripetiamo, da tempo, i conti Noi li facciamo alla fine e, sino ad allora, Non molliamo un cazzo…. nemmeno con la fantasia.

Piaccia o non piaccia siamo stati i primi a lanciare i segnali di allarme e saremo gli ultimi venerdì ad abbandonare lo stadio, qualsiasi cosa succeda.

L’esercito dei proni che da un paio di settimane si è erto, si è sgranchita la schiena, ed ora lancia strali di pessimismo, forse giustificato, ma mai tollerabile, può, andarsene affanculo.

Ci vediamo venerdì, pronti ad abbracciarci ed a tenere duro, con quella positività che tutti, fino alla fine, dovrebbero avere….  una positività, fatta di fede e di speranza, che stanno dimostrando di avere in pochi …

come già detto in precedenza : spero che su quella nave che state abbandonando in molti, troppi, noti e meno noti, non ci possiate salire più.

ad majora

Ciumi

Analista tecnico delle partite e sfanculatore ufficiale del blog. Convive con una sana passione per le Converse All Star sgualcite e scolorite e per la scarsa considerazione sul genere umano. Severo ma giusto.

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Io credo, risorgerò

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Questa è una squadra che arriva con in media un mese di ritardo a fare le cose che le altre squadre che hanno il nostro stesso obiettivo hanno già fatto da un mese. È successo per la prima vittoria in campionato, arrivata settimana scorsa quando l’Alessandria l’aveva già centrata il 24 ottobre. Ed è successo anche per il primo pari sporco in trasferta, arrivato non al termine delle solite montagne russe emozionali tipo quelle di Meda, con uno-due devastanti recuperati poi di puro ‘nervo’ in extremis, ma finalmente con un sano primo tempo di contenimento puro, senza rischiare assolutamente nulla. E d’altra parte non abbiamo fatto altro che adeguarci all’andazzo di un Lumezzane che da subito è sembrato badare molto più alla continuità di risultato e all’imbattibilità difensiva dopo due vittorie e tre clean sheet in tre partite piuttosto che al bottino pieno. Anche il solito gol stronzo che tanto per cambiare ci ha messo nelle condizioni di dover inseguire è arrivato in modo totalmente diverso da come lo abbiamo sempre preso in questa stagione, perché si è trattato davvero del classico tiro della domenica su cui c’era pochissimo da fare. Dopo lo svantaggio abbiamo chiuso gli avversari in area, e, se da una parte abbiamo palesato ancora una volta la stessa cattiveria sotto porta del famoso celerino del Menti reso famoso dalla Gialappas per il manganello appoggiato sulle chiappe dell’invasore di campo, abbiamo dimostrato anche di avere un cuore non comune.

Chi al solito è rimasto più centrato di tutti ancora una volta è stato Gattuso. Mentre io personalmente sognavo già una squadra sfrontata alla ricerca di un inizio di filotto che ci avrebbe permesso di affrontare la prossima in casa col Vicenza con la testa serena, contro una corazzata messa in campo per aggredirci, e quindi col più classico dei canovacci in cui non hai nulla da perdere (e loro tutto da prendere tra le chiappe), Jack probabilmente ha pensato alle sue di chiappe. E giustamente, perché la tentazione di scoprirsi sull’onda dell’entusiasmo della prima vittoria e di lasciare campo a un’avversaria che come sottolineato nelle dichiarazioni prepartita, aveva nell’attacco il suo reparto più completo, era forte ma terribilmente rischiosa. Non potevamo permetterci di vanificare quel piccolo patrimonio di fiducia acquisito dopo le ultime due partite, e quindi Jack ha pensato di tornare alle origini, con una difesa a tre stavolta ridisegnata con due centrali di ruolo, partendo più solidi e guardinghi ma permettendoci all’occorrenza, grazie alla nota duttilità di Calcagni, di passare al 4-3-3. Mossa che poi si è rivelata essenziale per evitare di bruciarci uno slot per cambiare schieramento quando c’è stato bisogno di recuperare, e giocandoci tutto col passaggio al 4-2-4 a 10 dalla fine, per finire con l’ultimo cambio della disperazione con dentro tutti quelli forti di testa per trovare il pari di ignoranza che poi per fortuna è arrivato.

Questa è una squadra che ha sicuramente tanti, tantissimi difetti, a partire dal fatto che ad oggi probabilmente non segnerebbe un gol su azione neanche con le porte e con le regole del calcio gaelico. Ma questa è la terza volta che raddrizziamo di riffa o di raffa il risultato tra il 90esimo e i minuti di recupero, e non succede spesso che in una partita su cinque una squadra porti a casa punti in zona Cesarini. Probabilmente vuol dire che facciamo fatica a morire, anche se ieri i numerosissimi ultras del Lume hanno cercato di farci vivere coi loro cori scanditi da cantilene megafonate l’allegra atmosfera che si crea durante i canti funebri all’uscita del feretro. Mezzi morti sì, ma ancora con qualche possibilità di resurrezione.

Jacopo

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Dopo Legnano c’è sempre Moncalieri

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Non ho scritto nulla dopo il derby, un po’ perché non volevo ripetere la solita tiritera della squadra fragile mentalmente che quando sembra ritrovarsi trova sempre il modo di farsi inculare in un lasso di tempo che va a piacere dal breve al brevissimo (e coi cugini è successo ben due volte), un po’ perché anche leggendola in chiave ottimistica avevo la grossa paura di trovarmi davanti a un’altra prestazione tipo quella di Renate, dove ci eravamo tutti ringalluzziti sperando che fosse una mezza svolta e invece poi avevamo subito beccato un’altra imbarcata con l’Albinoleffe. Un dato però poteva far pensare che qualcosa stesse cambiando, ossia che Vercelli era stata l’unica situazione in cui, una volta preso un gol, non ne avevamo preso subito un altro in sequenza, anche qui in un lasso di tempo che andasse dal breve (Trento e Pontedera in coppa) al brevissimo (Pro Patria, Padova, Mantova, Atalanta Under23, Renate, Albinoleffe, Fiorenzuola in coppa).

Da almeno un mese ormai mi affanno a dire che questa squadra per valori assoluti non è messa peggio di un numero di avversarie che mettendocele dietro basterebbe ampiamente per salvarsi, ma che il loop psicologico in cui ci eravamo infilati ci abbia impedito per troppo tempo di avere quella tranquillità che ti serve per portare a casa le partite. Tutte condizioni che si stavano puntualmente verificando anche ieri fino a fine primo tempo, quando sembrava servito per l’ennesima volta il copione domenicale da ulcere gastriche e bestemmie assortite. Con tutte le solite pecche di attenzione difensiva, che una volta sono i cross da destra sull’uomo a rimorchio, una volta gli inserimenti degli esterni, stavolta è stato un ex con la maglia numero 10 a cui per un tempo abbiamo deciso di dare licenza di mettersi la palla sul destro e fare la ‘tiro a giro sul secondo palo challenge’

In tutte queste settimane chi non si è mai scomposto è stato Jack Gattuso, anche a fronte di alcune critiche che il buon Eziolino Capuano definirebbe ‘incenerose e frutto di manchevolezza di idee’ e che non ha mancato di sottolineare nel post-partita. Forse non si è scomposto perché sapeva cosa volesse dire trovarsi in una situazione come quella di ieri, e si ricordava che 23 anni prima, con una bara in curva, un numero di punti all’attivo simile e un morale comparabile, c’era stata una partita col Legnano che aveva dato la prima spinta verso quella salvezza pazzesca. Jack in questo mese di incarico ha lavorato per tentativi, trovando pian piano la sua quadra che adesso appare chiara, riuscendo a coinvolgere nei suoi tentativi sempre tutta la rosa, perché anche quando è passato a tre dietro si è inventato i terzini braccetti e i Donadio interni per tenere tutti sul pezzo. Ha recuperato alla causa uno come Corti a cui io non avrei dato due lire e che, se effettivamente la porta la vede come Aleandro Baldi (ma il suo track record non è che lo nascondesse), in una partita e mezza però ha tenuto su il reparto da solo più di quanto non abbiano fatto Rossetti e Scappini assieme nelle precedenti 12 partite, che peraltro la porta hanno dimostrato pure loro di vederla forse non come Aleandro Baldi, ma sicuramente non più di Francesca Alotta (ragazzi, si fa per spronarvi, potete venire a mandarmi affanculo dopo il gol alla prossima in casa, mi trovate dietro la panchina ospiti). Ieri poi nel secondo tempo si sono viste cose inedite a livello di personalità e iniziativa, soprattutto subito dopo il nostro pari di D’Orazio, quando ogni volta che ripartiva l’azione dal portiere facevamo girare palla con grande velocità e trovavamo in un attimo gli uno contro uno sugli esterni e la superiorità in mezzo al campo.

Certo, c’è ancora tanto, tantissimo da fare. Non è accettabile, ad esempio, difendere su un corner a nostro favore in quel modo e prendere un contropiede come quello che poteva costarci lo 0-1 anticipato. E molto probabilmente se invece di una Pergolettese che da subito aveva fatto intendere di farsi andar bene un pari, ci fossimo trovati di fronte una squadra con più fame, avremmo preso lo 0-2 ben prima e tanti saluti a tutti. Ma, anche da questo punto di vista, non è che possiamo sempre essere come quelli che se gli cade il pisello gli rimbalza in quel posto.

Ora inizia il nostro campionato, quello vero. I tifosi milanisti hanno coniato la massima ‘dopo Istanbul c’è sempre Atene’, prendendo lo spunto dalla doppia finale col Liverpool, prima persa nel modo più atroce e due anni dopo vinta. Una metafora che sottintende l’auspicio che dopo una sconfitta o una delusione si possa sempre avere una nuova opportunità di riscatto o di vittoria. Ecco, siccome la nostra Atene in piccolo l’abbiamo avuta, adesso sarebbe fondamentale trasformare quella massima in ‘dopo Legnano c’è sempre Moncalieri’. Jack spiegaglielo tu sul pullman per Lumezzane cosa vuol dire ai ragazzi, noi lo sappiamo bene.

Jacopo

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Lo spartiacque

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Esistono in una stagione dei momenti spartiacque. Lo è stata due anni fa la vittoria in casa col Varese, e, per motivi opposti, lo è stata nella scorsa stagione la vittoria di Padova, che, pur essendo coincisa con un risultato positivo, ha a mio parere sancito l’inizio del declino del Novara FC 2022/23. Non c’è ovviamente ancora la certezza, ma la speranza è che la partita di ieri, e in particolare il lasso di tempo che è intercorso tra il terzo gol divorato incredibilmente da Sorrentino e il pari di Scappini, possa costituire lo spartiacque di questo disgraziatissimo campionato.

È ovvio che guardando i freddi numeri un pari ad oggi non serve assolutamente a nulla a questa squadra. Ma la modalità con cui è arrivato, dopo che neanche il più pazzo e visionario (cit.) dei tifosi avrebbe potuto immaginarselo, potrebbe fare la differenza. E ciò non significa negare neanche uno dei limiti che la rosa ha evidenziato in questo inizio campionato, in primis la totale fragilità psicologica per cui, così come 9 volte su 10 una gara come quella col Mantova non si perde mai, il corrispettivo di partita vista ieri si perde sempre. E, purtroppo, rimango convinto che anche ieri se avessimo avuto la sventura di pareggiare prima, più che di vincerla avremmo trovato il modo probabilmente di portare a casa ancora una volta una sconfitta. Detto questo, ci sono degli elementi emersi nelle tre partite della gestione Gattuso che fanno sperare che davvero qualcosa con ieri sia cambiato, anche se per ora la cosa non si riverbera ancora sui punti che, per uno come me totalmente votato al culto degli ‘analytics’, rimangono la Bibbia.

Il primo elemento è proprio Gattuso. La differenza tra avere un allenatore con più di 40 presenze e una salvezza in B e un poco più che esordiente in C con una retrocessione alle spalle (che a essere onesti avrebbe fatto una mezza impresa se fosse riuscito a salvare la rosa con cui era costruito il San Donato) inizia a vedersi. Questo, sia chiaro, con tutta la gratitudine e la stima umana e professionale possibile per Buba, che, lo dico senza captatio benevolentiae, sono certo abbia tutte le carte in regola per costruirsi una carriera importante in futuro. Ma le soluzioni tattiche e di lettura della gara che stiamo vedendo con Jack non sono minimamente paragonabili a quelle di un allenatore che in 8 partite di campionato + una di Coppa Italia non è mai riuscito a schiodarsi dal suo 4-3-3 o da qualche schieramento parente prossimo. Jack sta riuscendo a contemperare la necessità di non gettare alle ortiche il patrimonio di squadra, costruita come componente importante su una serie di giocatori offensivi prevalentemente con propensione al gioco sull’esterno, e di trovare soluzioni più prudenti e speculative in molte fasi della gara. Solo ieri, per far fronte alle difficoltà di una partita che sembrava già persa, è passato dal 3-5-2 del primo tempo, ad una specie di 4-4-2 (o meglio 4-2-4) a inizio secondo tempo, al 4-3-1-2 finale. Una cosa che con Buba sarebbe stata del tutto impensabile.

Il secondo elemento è che iniziano ad emergere delle individualità nettamente superiori a livello di carisma e capacità di prendersi sulle spalle la squadra. Ovviamente il riferimento va a D’Orazio, che però, se due allenatori su due, nonostante i mezzi tecnici imparagonabili con chiunque non hanno quasi mai fatto partite titolare e nell’ultima che ha giocato dall’inizio al 55’ aveva i crampi, forse qualche domanda sul suo grado di autonomia dovremmo farcela. Ma a questo giro vanno citati a mio parere anche Donadio, che per adattabilità ha fatto una partita straordinaria (prima mezzala, poi esterno e infine punta nel 4-3-1-2) e infine il buon Scappini che avrà la sua età ma dà la sensazione di essere molto più giocatore da battaglia di Rossetti.

Quel che è certo è che, con tutti i suoi limiti, questa squadra sta dando davvero il 100%. Ho visto in settimana qualche numero legato al monte ingaggi e agli stipendi che percepiscono molti di questi ragazzi, e devo dire che in alcuni casi il solo fatto che si prendano la briga di versare ogni goccia di sudore per la causa, considerate anche le difficoltà logistiche in alcuni casi, merita solo applausi. Ad oggi è difficile dire se basterà a far sì che questa stagione prenda una nuova piega.

Jacopo

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