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Storia e memoria

NOVARA-FOGGIA 0-0 02/06/1968

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Giugno 1968, nelle case italiane si ascoltava solo e sempre una canzone:

In Francia il maggio francese si stava esaurendo ma aveva ormai aperto le porte alla contestazione in tutto il mondo

  

Una grande tragedia si consumava negli Stati Uniti, cinque anni dopo l’assassinio di J. F. Kennedy, veniva ucciso anche Robert Kennedy, candidato alla Presidenza degli Stati Uniti. L’assassino si chiama Sirham Bishara, arabo, ancora oggi vivo ed in galera. Dichiarò e conferma ancora oggi che lo fece perché “amava il suo paese” e voleva punire il giovane candidato per aver tolto il sostegno ai paesi arabi nella guerra contro Israele. Cinquant’anni prima dell’Isis.

In Italia il campionato di serie A era terminato da diverse settimane perché proprio nel nostro paese si disputava nel mese di giugno la fase finale dei Campionati Europei.

Dopo 30 anni l’Italia conquista un titolo internazionale battendo nella ripetizione della finale la Jugoslavia. Gli italiani scoprono l’unico punto di incontro tra generazione e condizione sociale.

E mentre la nazionale trionfava, il campionato di serie B era nella sua fase finale ed il 2 giugno 1968 si giocava la quart’ultima giornata del torneo.

Siamo negli anni 60, alla radio si ascolta Azzurro di Celentano, Riva e Anastasi ci esaltano, addirittura Pelè gioca nella vicina Alessandria un’amichevole (come se oggi Messi o Ronaldo venissero al Piola a giocare un’amichevole con il Novara…). Insomma è un momento straordinario, di grandi cambiamenti e speranze per il futuro.

Invece no. Il Novara lotta per non retrocedere e allora tutto cambia ed il pomeriggio non è più così azzurro…

La situazione è questa: Potenza spacciato a 22 punti. Poi un’ammucchiata senza precedenti: sei squadre in 3 punti: Novara 30, Venezia e Messina 31, Perugia a 32, Modena, Genoa e Lecco a 33 punti.

Il Foggia è terzo, in piena corsa per andare in serie A. Nei pugliesi giocano tre giocatori che faranno parte della storia del Novara: Pinotti, Vivian e Carrera.

La partita è a senso unico e la differenza di classifica e di obbiettivi non si vede, il Novara attacca, il Foggia si difende.

Il Novara ha fatto quanto ha potuto difronte a una delle unità che aspirano alla promozione nella divisione A ma non è riuscita ad andare oltre il risultato nullo. Ciò un po’ per colpa sua, un po’ per cattiva sorte e molto anche per il valore dell’avversario. Il Novara per salvarsi dalla pericolosa situazione in cui si è venuto a trovare doveva attaccare. Ed effettivamente ha attaccato a lungo e con foga. Ed è giunto più volte vicino a raccogliere quel successo di cui aveva estremo bisogno

Un tiro eseguito da distanza ravvicinata dalla mezz’ala Milanesi è stato respinto, proprio sulla linea della porta da un terzino, al momento in cui gli spettatori stavano per alzarsi in piedi ed inneggiare al successo.

La partita si conclude sullo zero a zero. E proprio quel punto perso sarà decisivo per le sorti della squadra azzurra.

   

 

Il Novara ottiene due ottimi pareggi ed una vittoria nelle successive tre partite ma nell’ultima giornata molti scontri diretti decidono la sorte degli azzurri. Gli avversari del Novara scelgono di non farsi del male e pareggiano tra di loro, rimandando la decisione finale ad un mega spareggio tra cinque squadre. L’unica esclusa da questa ultima chance fu proprio il Novara.

Il Novara dopo tre anni di permanenza in serie B, torna malinconicamente in serie C.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se la cava meglio con i video che con la scrittura, spiega meglio il passato che il presente. Ma l’importante è che ci sia Novara ed il Novara di mezzo. La sintesi è la sua dote migliore.

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Giovanni da Caselle Lurani

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Era l’autunno del 76 e quel Novara arrivava da una stagione che, Catanzaro a parte, aveva fatto sognare tanti che, come me, non avevano ancora vent’anni.
L’arrivo di Lodetti con Buso, Vriz ed il ritorno di Fumagalli ci aveva fatto sperare, nonostante le tante uscite, in un altro campionato da protagonisti.

Retrocedemmo da ultimi senza nemmeno capire perché e Lodetti fece il suo, senza infamia e senza lode, con i suoi 34 anni che, a quel tempo e probabilmente con i tanti chilometri fatti per servire Rivera, erano tanti e si vedeva.

Lo salutammo l’anno dopo quando diede l’addio al calcio in un campionato di serie C che lo  vide poche volte in campo.

Ci inchiniamo comunque davanti ad un campione, dentro e fuori dal campo, ed ad un uomo che non fece mai pesare il suo passato.

Ciumi

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Ciao Maciste

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Ci ha lasciato Bruno Bolchi, allenatore del Novara nella stagione 1978/79. Si è spento all’età di 82 anni dopo una lunga malattia.

Nel 1961 fu il primo calciatore ad apparire sulle figurine della Panini ma a Novara lo ricordiamo per essere stato alla guida degli azzurri nella stagione 1978/79 lottando per la promozione in serie B fino a poche giornate dalla fine quando il processo per illecito causato dalle accuse di Troilo verso Scandroglio stroncarono ogni speranza.

Era un’ottima squadra quella guidata da Bolchi con Genzano, Basili, Giudetti nella sua stagione migliore, i giovani Gioria e Boldini e le colonne Veschetti e Jacomuzzi. Alla fine, concluse il campionato con 40 punti effettivi a soli 4 punti dal Parma promosso in B, con molti rimpianti.

Bolchi lasciò il Novara dopo una sola stagione per partecipare al supercorso di Coverciano che all’epoca non consentiva di allenare contemporaneamente una squadra. Successivamente divenne allenatore di successo raggiungendo diverse promozioni in serie A con Bari, Cesena, Lecce e Reggina oltre a due promozioni dalla C alla B con Bari e Pistoiese.

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il portiere più forte del mondo senza mani

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Garella divenne famoso giocando nella Lazio, nel Verona e nel Napoli ma il suo vero battesimo di fuoco, con un campionato spettacolare giocato da lui e da tutta la squadra, fu in quel Novara di Lamberto Giorgis.

Portiere anomalo per i tempi giocava solo con l’istinto … come dovrebbe fare un vero portiere: gambe, piedi e testa erano i suoi punti di forza; punti talmente forti che l’Avvocato arrivò a definirlo “il portiere più forte del mondo senza mani”.

Tanto era sgraziato ed aggressivo in mezzo ai pali tanto era gentile e buono fuori dal campo. Fu l’idolo di tanti di noi che in quei tempi giocavano in porta e che si arrangiavano come potevano con tutte le articolazioni che avevano a disposizione.

Dimenticato da tutto il mondo del calcio nonostante due scudetti vinti resterà indelebile nella memoria di tanti di noi la cavalcata di quell’anno in cui sfiorammo la promozione in A con lui come protagonista.

Ciumi

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