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Storia di un amore mai nato

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“La rosa che non retrocede mai” nacque in un momento particolarmente drammatico.
Dopo la sbronza collettiva delle serie A ci svegliammo con un forte mal di testa, convinti che il riscatto fosse immediato, e per immediato intendo la pronta risalita nella massima categoria; alzi la mano chi non ha creduto a questo, e poi continui pure la lettura della fiaba di Collodi e si tolga dalle palle.
La partenza di quel campionato fu disastrosa al punto che già a metà novembre la nostra posizione in classifica era di quelle che non lasciava dormire sonni tranquilli, ragion per cui, alzando lo sguardo, vedevamo davanti a noi il culo della Pro Belvedercelli.

Fu allora che Fabio 1970, al secolo Fabio Cavuto, reagendo con orgoglio a quella triste realtà, iniziò un’operazione che portò al coagulo di tutti i nick presenti allora sul Muro, unendo e mai dividendo i tifosi di tutti i settori del Piola, che aderendovi fecero da cassa di risonanza a un progetto che da quel momento spiccò il volo verso la costituzione di un gruppo la cui finalità era retoricamente basata sulla volontà di tutti di non retrocedere.
Nacque cosí “la rosa che non retrocede mai”.
L’obiettivo, anche se vacuo e effimero, se non addirittura surreale, era quello di non disperdere energie in piagnistei e recriminazioni varie nè in polemiche fratricide che potessero oscurare o disperdere valori assoluti quali amore, fede e passione per la nostra maglia.
Si doveva reagire, si doveva fare qualcosa, si doveva parlare tra di noi, organizzarci per distribuire, diffondendolo in modo capillare, il verbo azzurro e fare capire alla gente non addetta ai lavori che il Novara calcio era un bene comune, un bene da non disperdere, anzi, un bene da coltivare e se possibile proporre ai profili piú refrattari.
Non c’era in quel periodo, in tutta Novara, un solo palo della luce o un semaforo che non avesse appiccicato la pubblicità dell’iniziative volte a portare allo stadio un amico al costo di un euro, e non c’era scuola che non assistesse a un massiccio volantinaggio di tale iniziativa.

Sappiamo tutti cosa capitò di li in poi, conosciamo tutti quella storia che si potrebbe riassumere in una semplice parola: “remuntada”, guidata dall’allora Mister Aglietti, subentrante a Jack Gattuso e all’Attilio Tesser.
Mai come in quella situazione ci fu unità d’intenti tra tifosi e tra tifosi e società.
Indossare poi la maglia della “rosa” era motivo di orgoglio e stabiliva inequivocabilmente i confini oltre i quali parlare di formazioni, di strategie e tattiche, di impiego di giocatori, diventava esercizio sterile e inutile, addirittura in quel periodo gli interventi sul Muro a partita in corso si erano ridotti a una manciata dei soliti irriducibili “leoni da tastiera”.
È da ascrivere a quel periodo la nascita di quel mantra che successivamente divenne il titolo del romanzo partorito da “Quelli dell’Alcarotti”, scritto da Paracchini Marco ed infine editato dal Coordinamento cuore azzurro: “La maglia è nostra e ve la prestiamo solo per giocare”.
Indimenticabile quel periodo!!!
Indimenticabile in quanto permise, tra le altre cose, di apporre su una bandiera azzurra, destinata in Canada, la firma di tutti i nick che aderirono a tale iniziativa, per essere donata a un cuore azzurro in quel paese dimorante.
Peró il coagulante principale era che quella squadra aveva la capacitá di farsi amare: ecco la differenza con quella attuale!!
Da Lisuzzo a Gonzalez, da Ludi, Motta, Rubino, fino ad arrivare a gennaio a Seferovic,
si posero insieme le basi per dare inizio a quella straordinaria remuntada che accese la fantasia e i cuori dei tifosi e che ci accompagnò di filato alla disputa dei play off che a dicembre parevano essere lontani anni luce.

Si, quella squadra sapeva trasmettere, anche nei momenti della sconfitta, la voglia di reagire e l’immediato desiderio di riscatto attraverso le emozioni che riusciva a comunicare attraverso i singoli giocatori, anche se alcuni più di altri.
E qui il confronto diverrebbe impietoso se raffrontassimo a quella squadra quella attuale, allenatore compreso, infilandoci anche il DS.
Non c’ è mai stato amore vero nei confronti di questa squadra, nè tantomeno emozioni che inducessero a sperare in un rilascio lento di sentimenti.
Al massimo… ecco, magari qualche trombatina, usando però il preservativo del “non succede ma se succede…”, ogni tanto, così, giusto per mantenere in vita il rapporto, senza quell’intensità e trasporto necessari a sentirsi desiderati e amati.
E tutto questo nonostante il battage pubblicitario orchestrato dai media che si prestavano a fungere da sensali d’ anello per far, controvoglia, convolare a giuste nozze i due morosi, che mai, su questi presupposti, avrebbero potuto amarsi.
Beh, però diciamo subito che l’amore si fa in due, osservando tutti i “protocolli” necessari all’accoppiamento, altrimenti ci si deve arrangiare da soli…in altro modo!!
Quest’anno, dunque, solo pippe.

Forsa Nuara tüta la vita

Nonnopipo

Fondatore dei Blog Novara Siamo Noi e Rettilineo Tribuna, Vice Presidente del Coordinamento Cuore Azzurro e fraterno amico di chiunque al mondo consideri lo stadio la sua seconda casa. O addirittura la prima. Editorialista estremista, gattaro.

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Editoriale

Ho la batteria scarica e si sta facendo buio

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Avere Jacopo in squadra è stato il miglior investimento che potessi fare in termini di tutela della mia persona, visto che solitamente il compito di finire in cima all’elenco delle persone che qualcuno vorrebbe si svegliasse freddo toccava a me. Ora, quando c’è da picchiare, spesso delego lui nella speranza che eventuali killer bussino alla sua porta e non più alla mia. Detto questo, sottoscrivo tutto ciò che ha detto ma provo comunque a costruirci su un ragionamento, imponendomi di morsicarmi la lingua e tagliarmi le dita, per far si che non si sintetizzi solo nel mandare tutti a fare in culo. Il più famoso collega di Sartorio, ovvero il Prof Voltaire, sosteneva che “l’incertezza spaventa ma la certezza è stupida”. Ed è per questo che ritengo ancora sia stato concettualmente buona cosa il fatto di aver partecipato ai playoff. Ci ha messo nelle condizioni di avere una prova di appello, una possibilità di rivalsa, un’occasione per dimostrare che non tutto fosse da buttare. Non è stata colta questa opportunità, ma mi chiedo nel giudizio complessivo della stagione cosa abbia tolto la partita di Verona più di quanto già avesse fatto l’andamento stagionale. Lo ha solo confermato, e va bene ha avuto ragione il partito di chi sosteneva sarebbe stato meglio non parteciparci, ma ecco forse il playoff di ieri ha definitivamente chiarito anche ai più scettici e irriducibili come probabilmente sia da azzerare non tanto (o non solo) l’ossatura della rosa, ma soprattutto le fondamenta.

Prima fondamenta: la proprietà. La delusione di Ferranti non è per me stata tanto l’eccesso di ottimismo iniziale o l’aver caricato eccessivamente di aspettative l’ambiente. Fa parte del suo personaggio e del modo di essere. Per come la vedo io la delusione più grande è stata quella di non dare essenzialmente garanzia di impegno costante. Superate (ma non dimenticate) tutte le lodi fatte per averci salvato e riportato qui, all’arrivo non ho mai idealizzato la sua figura come una possibile certezza per un nuovo decennio. Detto questo sarebbe stato auspicabile e quasi scontato che solo dopo un anno non parlasse già di possibile cessione totale o parziale. Almeno MDS ci impiegò parecchi anni prima di ipotizzare un abbandono. Eppure Ferranti ha ripetutamente confermato (anche recentemente) come due scenari possibili imminenti siano la vendita totale o parziale (di almeno la metà delle quote). Sempre tornando alla citazione di Voltaire e all’opportunità di guardare anche all’incerto, probabilmente è meglio un disimpegno anche parziale piuttosto di un impegno totale ma di basso profilo. Detto questo, nella mia testa oggi il problema non è tanto avere in rosa ancora gente come Buric o Pissardo, ma avere a capo una persona che è evidente abbia cambiato (troppo in fretta) le sue intenzioni. Ben inteso che Ferranti coi suoi soldi può e deve fare quello che vuole, ma ribadisco, dopo un anno solo sentirmi già dire che se trova un acquirente vende, ecco… non mi potete obbligare ad essere felice. Il messaggio che dai non è dei migliori.

Seconda fondamenta: il management. Zebi era figura spendibile, la cui assunzione era a mio avviso giustificata. Ma ha fallito senza se e senza ma. Ha pagato a livello personale in maniera netta i suoi errori, ma non c’è stata sostituzione con altrettanta figura credibile e competente. Non che Pitino concettualmente non abbia queste caratteristiche, ma è evidente come sia a Novara sostanzialmente di passaggio. Da oggi, posto il primo punto, bisogna immediatamente chiarire questo fondamentale aspetto perché il DS non può nel professionismo essere un passacarte, ma deve essere figura in grado di finalizzare le strategie di mercato. Non si può accettare un DS che dopo Verona ce la butta sul fatto che l’ambiente non ci credesse e fosse negativo. Ne serve uno che oggi sappia già di avere mandato chiaro, forte, un budget X e che stia già contattando giocatori e procuratori. Altrimenti non serve a nulla.

Terza fondamenta: l’allenatore. Marchionni non lo capisco. In estate sembra abbia fatto apposta nel mettersi nella condizione di non andare d’accordo con Ferranti. Nel finale di questa stagione sembra abbia fatto di tutto per non andare d’accordo con tutti. La formazione di ieri, l’umiliazione a Pablo nel metterlo tardi e nemmeno dargli la fascia di capitano ne sono l’esempio. Non sarà così, ma davvero sembra che abbia combattuto una guerra tutta sua, talvolta contro parte della rosa, talvolta contro il management, talvolta contro il buon senso. Fatto sta che in 3 mesi si è giocato qualsiasi tipo di credibilità e, nonostante un altro anno di contratto, è evidente come non possa esserci un Marchionni 3.

In generale, e scrivo quanto detto personalmente al Pres, talvolta non è solo questione di soldi. Abbiamo sempre fatto con quanto avevamo a disposizione. Ma occorre che fondamenta uno, fondamenta due e fondamenta tre, se proprio non riescono ad essere amici quanto meno che non si stiano sui coglioni a vicenda. Si deve partire da qui. Poi la rosa che verrà sarà un di cui. Una buona scrematura di rami secchi sarà naturale visto le scadenze dei prestiti e di alcuni contratti. Alcuni che rimarranno comunque possono servire alla causa in un contesto di rosa di 25 elementi che evidentemente andrà rivoluzionata. Ora inizia un periodo, potenzialmente lungo quasi due mesi, dove ci saranno probabilmente pochissime notizie sul Novara. Siamo abituati (io no) a convivere con questo buio informativo, possiamo però sperare che nell’ombra si lavori per sistemare le caselle mancanti e partire imparando dagli errori. Noi viviamo di percezioni spesso falsate, e questa stagione ne è la riprova visto che mediamente abbiamo avuto un livello critico e astioso simile agli anni finiti ben peggio. E questo forse rappresenta la quarta fondamenta da sistemare: gestire l’ambiente e plasmarlo. Siamo ancora lontanissimi da tutto. Oggi siamo un po’ come “Oppy”, il robot inviato su Marte che si è appena spento, ma poco prima ha lanciato l’ultimo messaggio: “Ho la batteria scarica e si sta facendo buio”.

Claudio Vannucci

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Pagelle al campionato. Parte 3

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Dopo aver analizzato beati, dannati e ignavi, spazio al Purgatorio, ovvero le squadre che nel piattume generale del campionato sono quantomeno riuscite a lottare per i playoff, creando un minimo di divertimento ed empatia, tentando l’ardua scalata al paradiso, raggiunto solo ieri sera da un incredibile Benevento.
FROSINONE
Ciociari inculati per un campionato intero tra rigori, rimpalli e situazioni strambe. A due giornate dalla fine sembra serie A diretta, ma Ceravolo al 93′ è un segno del destino. Nonostante i soliti aiuti nei playoff il volere divino era già apparso chiaramente. Il Frosinone non salirà. Goduria.
PERUGIA
La squadra di Bucchi rappresenta appieno la bassezza del campionato. Una squadra di ragazzini, senza esperienza e con tanto cuore che riesce addirittura ad arrivare quarta. Ai play-off ha la meglio il più quotato Benevento ma un applauso al grifo rimane d’obbligo. Bravi.
BENEVENTO 
Grande rivincita personale di Marco Baroni dopo anni di alti e di bassi. Fino a Marzo è il solito campionato di Baroniana fattura, con un calo primaverile che porta la Strega quasi fuori dai play-off. Finale di stagione da favola invece, Benevento che prima salva i play-off e poi li vince, aiutato anche dal Carpi.
Dimostrazione che assecondando le richieste di un allenatore si possono raggiungere sempre traguardi alti.
CITTADELLA
Squadra col budget più basso del campionato e col gioco più frizzante. Grande stagione quella dei Veneti che dimostrano sempre di più di essere una società fantastica. Arrivano stanchi ai playoff ed è un peccato, ci avrebbero fatto divertire.
CARPI
Annata indecifrabile quella degli emiliani, che raggiungono i play-off solo dopo lunghi mesi a centroclassifica.
Discorso a parte per i playoff, dove si vede tutto l’affiatamento di un gruppo unico capace di toccare già in passato traguardi insperati. L’ho già detto e lo ripeto, Frosinone-Carpi rimarrà nella storia.
SPEZIA 
Liguri ridimensionati dopo le campagne acquisti faraoniche degli ultimi anni. Nonostante tutto arrivano i playoff per il quarto anno di fila. Spezia pronto per il grande salto?
Tiriamo le somme. Probabilmente non è stato il miglior campionato di sempre, con pochi organici di livello e poche ambizioni da parte di tutti.
La speranza da tifoso azzurro è che questo sia stato l’anno zero. Un primo anno di rinascita, mattone dopo mattone incominciare a costruire un nuovo ciclo per il futuro. Il Benevento è l’esempio lampante che basta poco a realizzare i propri sogni.
Forza vecchio cuore azzurro
Lupo

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L’importanza di non essere dei pirla

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Una cosa che ho imparato leggendo i giornali e, soprattutto, da appassionato di calciomercato e di tutto ciò che riguarda le dinamiche comportamentali di soggetti affetti da dipendenza di stadio quale io sono, è che ogni articolo che viene pubblicato in questo periodo andrebbe letto concedendo il beneficio del dubbio e il diritto di replica alla controparte, perché il numero di inesattezze e falsità spacciate scientemente per verità è così elevato da farci vivere costantemente nel rischio di sostenere delle tesi  e di argomentarle con qualche assurdità di fondo. Detto questo, ho imparato anche che una cosa sono gli articoli in cui vengono riportate sensazioni e opinioni, e un’altra sono le interviste contenenti dei virgolettati. Se poi un articolo che si prende come riferimento è un’intervista fatta solamente di virgolettati, l’attendibilità della stessa è decisamente alta. Mi sto ovviamente riferendo all’intervista al DG del Brescia Calcio Rinaldo Sagramola riportata dal “Giornale di Brescia” e dalla pagina Facebook “la tifoseria Bresciana” in cui il Direttore racconta dell’approccio con Boscaglia e di come lo “abbiano” convinto ad accettare la loro offerta.

Lunge da me ora accanirmi sul nostro ex allenatore e menchemeno alimentare polemiche inutili condite da una dietrologia di fondo per attaccare una persona che non mi piaceva ( come qualche Signora dell’alta aristocrazia borghese di Calboniana memoria legittimamente sostiene), ma semplicemente credo che la credibilità di una critica si debba fondare sempre sull’onestà intellettuale di chi la perona e soprattutto costruendola su fatti  concreti e testimonianze a supporto credibili. Chi vi scrive ha sempre sostenuto l’inadeguatezza di Roberto Boscaglia non tanto dal punto di vista tecnico, sul quale probabilmente ne sarebbe sempre uscito bene, ma proprio per l’inconsistenza e l’incapacità del personaggio di mantenere una linea corretta, limpida e soprattutto moralmente corretta con gran parte dell’ambiente. E se è vero che personalmente ho dato grande credibilità all’intervista citata, è evidente che la veridicità della stessa è stata attribuita da MDS ieri sera a Sportitalia dove, con tanto di vena gonfia e armato di tutte le sue più grandi doti di paraculo, ha di fatto accusato il nostro ex allenatore di mancanza di correttezza e riconoscenza. MDS non parla mai a caso, ma spesso ha il vizio di “parlare a nuora perché suocera intenda” o di obbligarti a leggere tra le righe. Fortunatamente grazie all’App “MDS Translate” che i possessori di iPhone o Android possono scaricare gratuitamente (quelli che hanno Windows phone sono sfigati e si attaccano alla minchia), è stato possibile leggere tra queste famose righe, che ci permettiamo di riportare:

“ma allora sei un grandissimo figlio di androcchia eh. Sono stato il solo a difenderti sempre, contro tutto e tutti. Hai fatto cagare all’inizio, sei riuscito a perdere un derby che pure quelli della Juve contro il Toro riescono a perdere con maggior frequenza rispetto a noi contro la Pro Vercelli, a gennaio quando mi sarebbe risultato più facile mandarti a casa ti ho tenuto scegliendo di comprare un giocatore in più, arrivi nono, ti riconosco la bravura del risultato sportivo, ti offro il rinnovo, ci pigli per il culo dicendo che lo avresti accettato e poi, dopo che incontri dirigenti di altre squadre quando sei in ritiro a Novarello, mi dici che non avresti rinnovato per scelta personale, salvo poi il giorno dopo scoprire che ti eri già messo d’accordo col Brescia. Ma allora vaffanculo eh, noi siamo stati corretti con te, il Novara è Società seria e corretta, tu no”.

Alla fine siamo riusciti ad arrivare a un punto di incontro e far dire a MDS quello che abbiamo sempre sostenuto. Meglio tardi che mai.

Il fatto è che Boscaglia non è  peggiore di tanti altri uomini di calcio perché ha fatto i suoi interessi come è giusto che sia. Si è tenuto aperta una porta, sempre come è giusto che sia, ha portato avanti un’alternativa che almeno dal punto di vista della qualità di vita gli dava più garanzie e, quando si è concretizzata, ha chiuso la porta precedente. E qui arrivo al dunque del mio pensiero. Quello che è grave di questo epilogo è che la Dirigenza non abbia captato nulla, e più grave è se lo hanno captato ma se ne sono fregati, ma onestamente dubito fortemente. L’amico Paolo Molina di Radio Azzurra sostiene di aver avuto la netta percezione dell’imminente rinnovo subito dopo l’intervista post Carpi Novara del 18 Maggio eppure il DG Sagramola fa riferimento al ritiro del Brescia, coincidente col ritiro del Novara, pre Entella di 7 giorni prima. Chiaro che Boscaglia non abbia chiuso l’accordo quel giorno ma rimane il fatto evidente che tutto l’ambiente Novara Calcio, da MDS a scendere, per circa una ventina di giorni fosse assolutamente convinta di un suo rinnovo non accorgendosi neanche che il proprio tesserato, in casa tua, ti stava mettendo le corna. E la reazione di MDS conferma questa mia tesi.

Sono l’ultimo che può permettersi di insegnare il lavoro a Teti ma appare purtroppo evidente la leggerezza con la quale è stato affrontato il tema del rinnovo ad una delle componenti fondamentali di una stagione, basato probabilmente sull’aver creduto nella parola di una persona che aveva dato ampie dimostrazioni di onestà intellettuali così basse tali da non potersi guadagnare l’onore di essere creduto sulla parola. E invece molte rassicurazioni, sia alla stampa che ad altri addetti ai lavori, sono state date in tal senso. Estendendo il concetto, questo è l’ennesimo epilogo in maniera drammatica con un allenatore. Forse solo l’esonero di Mondonico è stato indolore, più per il fatto che il Mondo vivesse una sorta di favola e rinascita personale e che quindi abbia vissuto la sua breve parentesi al Novara in condizioni del tutto particolari, altrimenti ogni addio di ogni allenatore è stato sempre condito da amarezze, frecciatine o guerre fredde. Credo che qualche domanda MDS se la debba anche fare e, magari, mettere in discussione qualche sua convinzione filosofica un po’ troppo estrema.

Un vecchio detto dice “nessuno ha il diritto di metterti i piedi in testa, tranne tuo figlio nel tentativo di toccare le stelle”. Spero che da oggi MDS e Teti abbiano imparato l’importanza di avere sempre in mano il coltello dalla parte del manico in certi momenti, e di non trovarsi mai nella condizione di farsi mettere i piedi in testa da chi non ha titoli per farlo. Per pirla dovevano far passare Boscaglia, e non il contrario.

Claudio Vannucci

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