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Storia e memoria

Leonida Robbiano

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Sovente ci ritroviamo a commentare ed esprimere giudizi con un linguaggio ipocrita ed edulcorato, tendente ad appiattire ogni velleità e lo giustifichiamo con la “buona educazione”. Chiunque abbia una passione VERA e voglia perorare la propria causa, volente o nolente sarà: POLITICALLY INCORRECT. Accade in ogni ambito della vita ed il calcio è uno specchio fedele di questo. Imponderabile e fervente trasporto per i propri colori (AZZURRO NOVARA) immarcescibile fonte di emozioni in un coacervo contraddittorio di sensazioni ed al contempo un’inesauribile fede che sfocia nell’esoterico. Riti apotropaici degni di Pizie ed Aruspici nell’intento di dominare gli eventi a proprio favore. Tutto ciò si racchiude in una sola frase: “LA MIA FEDE È UNA SOLTANTO NOVARA CALCIO E ME NE VANTO”. Proprio perché ho fatto del politically incorrect una convinzione e uno stile di vita, a maggior ragione in questa settimana dove gli sfottò sono all’ordine del giorno mi vedo costretto a perorare la causa di Leonida Robbiano, aviatore che ha pagato con la vita la sua volontà a contribuire a tracciare la via per i voli oggi definiti internazionali, ma a quei tempi conosciuti come trasvolate.

Il suo nome per 60 anni è stato sinonimo di stadio per quelli con la maglia bianca. Peccato che hanno deciso di farlo morire una seconda volta; come? Cancellandolo dalla storia in un susseguirsi di incuria ed ignoranza, sfrattandolo dal suo stadio e relegandolo ad una semplice ed insignificante targa commemorativa. Chi cancella la propria storia cancella il proprio futuro ed oltre Sesia sono molto bravi in questo.

Sicuramente anche quelli con la maglia bianca andranno in vacanza in luoghi esotici ed utilizzando l’aereo un piccolo grazie lo dovrebbero anche a Leonida Robbiano, che invece hanno cancellato, tradito e vilipeso in un crescendo di ignavia e mancanza di rispetto!!

Siviersson

Fondatore dei Blog Novara Siamo Noi e Rettilineo Tribuna, Vice Presidente del Coordinamento Cuore Azzurro e fraterno amico di chiunque al mondo consideri lo stadio la sua seconda casa. O addirittura la prima. Editorialista estremista, gattaro.

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Giovanni da Caselle Lurani

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Era l’autunno del 76 e quel Novara arrivava da una stagione che, Catanzaro a parte, aveva fatto sognare tanti che, come me, non avevano ancora vent’anni.
L’arrivo di Lodetti con Buso, Vriz ed il ritorno di Fumagalli ci aveva fatto sperare, nonostante le tante uscite, in un altro campionato da protagonisti.

Retrocedemmo da ultimi senza nemmeno capire perché e Lodetti fece il suo, senza infamia e senza lode, con i suoi 34 anni che, a quel tempo e probabilmente con i tanti chilometri fatti per servire Rivera, erano tanti e si vedeva.

Lo salutammo l’anno dopo quando diede l’addio al calcio in un campionato di serie C che lo  vide poche volte in campo.

Ci inchiniamo comunque davanti ad un campione, dentro e fuori dal campo, ed ad un uomo che non fece mai pesare il suo passato.

Ciumi

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Ciao Maciste

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Ci ha lasciato Bruno Bolchi, allenatore del Novara nella stagione 1978/79. Si è spento all’età di 82 anni dopo una lunga malattia.

Nel 1961 fu il primo calciatore ad apparire sulle figurine della Panini ma a Novara lo ricordiamo per essere stato alla guida degli azzurri nella stagione 1978/79 lottando per la promozione in serie B fino a poche giornate dalla fine quando il processo per illecito causato dalle accuse di Troilo verso Scandroglio stroncarono ogni speranza.

Era un’ottima squadra quella guidata da Bolchi con Genzano, Basili, Giudetti nella sua stagione migliore, i giovani Gioria e Boldini e le colonne Veschetti e Jacomuzzi. Alla fine, concluse il campionato con 40 punti effettivi a soli 4 punti dal Parma promosso in B, con molti rimpianti.

Bolchi lasciò il Novara dopo una sola stagione per partecipare al supercorso di Coverciano che all’epoca non consentiva di allenare contemporaneamente una squadra. Successivamente divenne allenatore di successo raggiungendo diverse promozioni in serie A con Bari, Cesena, Lecce e Reggina oltre a due promozioni dalla C alla B con Bari e Pistoiese.

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Storia e memoria

il portiere più forte del mondo senza mani

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Garella divenne famoso giocando nella Lazio, nel Verona e nel Napoli ma il suo vero battesimo di fuoco, con un campionato spettacolare giocato da lui e da tutta la squadra, fu in quel Novara di Lamberto Giorgis.

Portiere anomalo per i tempi giocava solo con l’istinto … come dovrebbe fare un vero portiere: gambe, piedi e testa erano i suoi punti di forza; punti talmente forti che l’Avvocato arrivò a definirlo “il portiere più forte del mondo senza mani”.

Tanto era sgraziato ed aggressivo in mezzo ai pali tanto era gentile e buono fuori dal campo. Fu l’idolo di tanti di noi che in quei tempi giocavano in porta e che si arrangiavano come potevano con tutte le articolazioni che avevano a disposizione.

Dimenticato da tutto il mondo del calcio nonostante due scudetti vinti resterà indelebile nella memoria di tanti di noi la cavalcata di quell’anno in cui sfiorammo la promozione in A con lui come protagonista.

Ciumi

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